Quattro mostre e una collezione a Palazzo Fortuny da primavera all'estate

La fotografia, la scultura in vetro ed il gioiello: le donne autrici come protagoniste

sezione: blog

07-03-2014
categorie: Design, Arte, Fotografia,

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Quattro mostre e una collezione a Palazzo Fortuny da primavera all'estate

La fotografia, la scultura in vetro ed il gioiello: le donne autrici come protagoniste

Se possibile la casa di Mariano Fortuny, a Venezia (tra gli undici musei civici, il preferito di pr/undercover), è ancora più magica quando riapre al pubblico per le mostre di primavera: stavolta sono cinque e tutti diversi gli omaggi al mondo misterioso delle donne artefici ed artiste, di grandi protagoniste del secolo passato e di grandi saperi: dalla fotografia alla pubblicità, all’arte, alla scultura vetraia e al gioiello, quest’ultimo contemporaneo.


Da domani, fino al 14 luglio, Palazzo Fortuny ospita quattro personali e una collezione, la più intensa quella dedicata a Henriette Theodora Markovitch (conosciuta come Dora Maar), la compagna di Picasso (ed amica, brevemente amante, di George Bataille): intitolata Nonostante Picasso racconta della grande produzione dell’artista vissuta i novanta anni più densi dello scorso secolo.
Maar si è intensamente occupata di fotografia – dal ritratto, alla moda alla pubblicità fino alla produzione sperimentale  – e di pittura fino a essere afflitta da un esaurimento dovuto alla fine della sua storia con l’artista spagnolo. Dopo 50 anni di isolamento, muore, i suoi beni all’asta. Non fa in tempo a vedersi consacrata ogni dove. Questa mostra, a cura di Victoria Combalìa, permette di farcela conoscere di più. Cento fotografie ed esperimenti assolutamente unici (dai fotomontaggi, al collage, al paesaggio sotto-sopra fino alla rielaborazione di negativi) sono mischiati agli arredi del piano Nobile della casa-museo. I soggetti, oltre a personaggi famosi e al making-of di Guernica, sono i più disparati: dai bambini di amici (Aube, la figlia di Breton) alle architetture, fino ai ritratti di strada dei mestieri o delle povertà più stravaganti e strazianti, ritratti di artisti o di donne del suo tempo, una pubblicità straordinaria (brillantina per capelli), composit e collage degni dei surrealisti più straordinari.
Sebbene fosse alto il rischio che la bellezza del luogo e la ricchezza delle opere di Fortuny (finemente allestite con le altre due mostre presenti al piano, di cui diremo tra pochissimo: i vetri di Mishima ed i gioielli di Paganin) “centrifugassero” Nonostante Picasso, la personalità di Maar resta viva e pulsante in mezzo alle sete, agli arazzi e agli arredi di un altro celebre spagnolo.
Accanto, in mezzo, sopra e sotto le immagini forti della Maar, fasci di luce puntuali e sagomati illuminano sapienti le nuove sculture dell’artista giapponese (e veneziana d’adozione) Ritsue Mishima che crea oggetti in vetro soffiato le cui forme (tonde, squadrate o fratte) incastonano mirabilmente piccole o grandi schegge di vetro che creano mille riflessi, come un arazzo in seta di Fortuny a cui si ispira. Sono posizionati dentro, sopra ed in mezzo ad armadi, credenze e altri arredi quindi acquistano una densità quasi funzionale, sebbene non pretendano di averla. Tutti i pezzi in mostra sono creati nel 2013 in una fonderia di Sacca Serenella, con cui l’artista collabora stabilmente da decenni, ed esposti al Fortuny in anteprima.


In una teca ancora una volta allestita in maniera eccellente con preziosi lasciti del Fortuny – i suoi album di fotografia, una scarpa ed altri oggetti – ci sono 25 spille, ciascuna delle quali racchiude un mondo. Le firma un’artista, docente e scultrice veneziana (Barbara Paganin, 1961) che si dedica dagli anni ‘90 solo al gioiello. Memoria Aperta è una grande raccolta a cui fa seguito una imperiosa operazione di metissage: ciascuna spilla è infatti composta di tanti piccoli oggetti accumulati o trovati dall’artista. Genera una storia, un ritratto di famiglia, un bisbiglio e a tratti un poema: ciascuno di noi può leggerla come vuole e trovarla amara, dolcissima, romantica o sensuale. La fattura delle piccole sculture portatili (assolutamente unisex, ovviamente per uomini con un’altissima concezione dello stile) è straordinaria. Un castello di gesti, di precisissime giunzioni e di distribuzione di qualità, come se ogni piccolo tassello di spilla fosse proprio un personaggio che parla e che concorre a formare il senso. Mai visti gioielli così oggi, se non al museo di arti decorative a Parigi ma erano di due secoli fa.

 


Non è finita qui. Il piano terra del Palazzo ospita un saggio della collezione di fotografia contemporanea del veneziano Mario Trevisan che è quasi tutta di stanza al MART e che eccezionalmente invade l’unico palazzo veneziano tra i musei civici che si è ricavato una credibile e costante posizione nell’esporre fotografi o artisti che lavorano con la fotografia. Una selezione, questa, da gustare con molta calma perché ha una profondità e una vastità di stili (oltre che epoche) sorprendente. Da artiste più “giovani” coma la Mezzaqui e la Camporesi (un dittico di un’Ofelia contemporanea da sola vale il viaggio, se non foste già in laguna) a le “grandi” fotografe come Goldin, Sherman, Woodman, Rheims, Abramovic (per restare sulle più recenti).


L’ultimo piano, da ultimo ma non per ultimo, ospita la personale dell’artista norvegese classe 1961, Anne-Karin Furunes, Shadows. Lavorando sull’immaginario e sull’archivio fotografico di Fortuny, realizza foto e le stampa su tele che poi fora: solo la distanza restituisce intero il volto della persona. In mostra otto lavori di grande formato nella sala della biblioteca e della calcolteca, l’unica del palazzo ad essere inondata di luce con Venezia che fa capolino dalle finestre.
Tutti i piani sono pervasi, come quando il Palazzo aveva chiuso i battenti all’indomani della fine del ciclo di mostre temporanee autunnali, da opere di artisti che hanno esposto in precedenza o da grandi lasciti, da Turrell in giù. Con il sole, vengono particolare rilievo le porte “aggettivate” da pellicole colorate, firmate dall’artista (anch’esso veneziano d’adozione) Francesco Candeloro.