Canapa Sativa Italia (CSI) dal 2014 autorevole bussola invitata al Tavolo Tecnico di Filiera

un organo non profit divulgativo per il grande pubblico e un gruppo di pressione competente

sezione: news

20-04-2021
categorie: Design, Architettura, Corporate, Moda, Non profit, Window Shopping,

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Canapa Sativa Italia (CSI) dal 2014 autorevole bussola invitata al Tavolo Tecnico di Filiera

un organo non profit divulgativo per il grande pubblico e un gruppo di pressione competente

L’Italia fu uno dei più grandi produttori di canapa per uso industriale, alimentare e nutraceutico. Fino ai primi del Novecento è stata addirittura il secondo produttore mondiale. Oggi la canapa italiana non è solo alimentazione pregiata e super nutriente - coltiviamo, trasformiamo ed esportiamo olio, semi, farine grazie soprattutto alla tenacia di piccoli produttori - ma tenta di riacquistare terreno verso avanzate produzioni tessili, fito-cosmetiche, farmaceutiche, bio-plastiche, bio-edilizie, finanche energetiche. La canapa è anche un impareggiabile fito-depurativo e fito-stabilizzatore di terreni inquinati. A che punto è, oggi, la filiera italiana?
 

Il nostro paese registra un numero molto più esiguo - e parcellizzato - di operatori rispetto all’inizio del secolo scorso; il settore è penalizzato dalle incomplete leggi in materia (l’ultimo tentativo di riorganizzare il settore è la L. 242/16) dalla mancanza dell’implementazione di un’economia di scala (presente, invece, in passato). 
 

In un’audizione alla Camera dei Deputati nel 2019, Canapa Sativa Italia, (associazione non profit fondata da piccoli e medi produttori, trasformatori), ribadiva la necessità della costituzione di un Tavolo di Filiera sulla Canapa Industriale.
 

Il Segretario e rappresentante istituzionale di Canapa Sativa Italia, Mattia Cusani informa che l’associazione siede assieme a diverse illustri associazioni di filiera e di categoria oltre che di enti, mondo della ricerca, politici, al Tavolo Tecnico di durata triennale decretato nel dicembre 2020 e insediatosi a febbraio 2021 al MIPAAF: ‘Il Tavolo ha come obiettivo un piano di settore che possa incentivare la produzione, sostenendo la ricerca e l’innovazione tecnologica nonché rafforzando le politiche di filiera. Sono 10 i milioni di euro stanziati per il comparto di tutte le 15 filiere dalla ultima Legge Finanziaria. Siamo fieri di farne parte e sediamo nel Gruppo di lavoro 1 ‘Coordinamento Ministero/Regioni - Normativa di settore’.


Faremo del nostro meglio per portare le esperienze degli associati,
esperti di canapa industriale dal punto di vista agricolo, scientifico, legale e commerciale: imprese, associazioni minori, cooperative, tecnici distribuiti in tutte le regioni italiane che potrebbero rappresentare (e lavorare in) decine di settori merceologici diversi, ad alta valorizzazione della dimensione agricola/artigianale, la più premiante per piccoli operatori che oltre a passione e competenza, infondono investimenti ingenti e desiderano operare in un quadro normativo chiaro.


Le diverse illustri realtà al tavolo oggi, hanno finalmente l’occasione di dare uno slancio importante a questa filiera
.’ 

 


La canapa è forse la pianta più preziosa per i comparti più in crescita all’estero: dal novel food, alla cosmesi naturale, fino alla produzione del fiore, incredibile prodotto ricco di aromi e di peculiarità, che non è oggi ancora normato per la commercializzazione in Italia eppure rappresenta già il prodotto più venduto.


La denigrazione economica di questa antichissima pianta è iniziata con la sua associazione agli stupefacenti nei primi anni del Novecento e ha fatto registrare ovunque una battuta d’arresto della filiera.

Fuori dai confini italiani, negli ultimi decenni sono evidenti clamorose inversioni di tendenza legislativa sulla canapa industriale spesso innescate dalle lobby di alcuni produttori e cartelli che incassano oggi il vantaggio nelle loro aree geografiche lanciandosi nel take-over internazionale, reso facile dalla miopia legislativa ed economica di tanti governi, soprattutto in Europa. 

 

Canapa Sativa Italia (CSI) è un’associazione senza fine di lucro che mette insieme i più impegnati esponenti dell’industry nostrana da tutto il paese: nata come gruppo online nel 2014 con circa 15000 iscritti, si è costituita legalmente nel 2018 e i soci hanno creato un percorso d’adesione molto rigoroso, validato da un comitato etico. L’associazione offre anche una solida base di counseling agricolo, tecnico e commerciale a chi ne fa parte oltre che aver creato un gruppo di fornitori in-house che propongono beni e servizi su base concorrenziale agli associati. CSI è, insieme, un organo non profit divulgativo per il grande pubblico e un gruppo di pressione competente che illustra a decisori politici e al consumatore finale i benefici della pianta, gli ambiti di applicazione e l’importanza per l’agroalimentare italiano.

  

Canapa Sativa Italia: 

dopo un’attenta osservazione dello scenario legislativo internazionale

cosa serve per rendere di nuovo competitiva la canapicoltura italiana e premiare tutti gli usi più avanzati di una pianta preziosissima

 

‘La legislazione non al passo con i tempi (e una penalizzazione resa oggi immotivata anche da un pronunciamento delle Nazioni Unite) - denunciano i membri di CSI, protagonisti e bussola della filiera agro-alimentare della canapa italiana - spiega perché i nostri operatori rischiano ogni giorno di non essere competitivi consentendo già oggi a paesi lontani e vicini (tra cui Stati Uniti e Canada, Cina, Svizzera e Gran Bretagna) di colonizzarci, ingigantendo le loro posizioni di mercato e imponendo le loro varietà di sementi, il prodotto trasformato per i suoi mille usi, compresa la cosmesi ed il design avanzato’.

 

Studi e rapporti (tra cui quello del dicembre 2020 del Parlamento Francese) hanno rivelato che in paesi dove si scrivono leggi più lungimiranti, il comparto della ‘cannabis legale’ è più produttivo e soprattutto remunerativo che in altri. La filiera ‘canapa’ degli Stati Uniti ha registrato crescite stabili a due cifre anno su anno e - sul versante ricreativo - erode grandi capitali all’illegalità oltre renderli una solida base imponibile per i bilanci pubblici. Tuttavia, l’incertezza regolamentare del continente americano - dove il Canada ha legalizzato la canapa per usi medici e ricreativi sin dal 2018 in tutta la Federazione ma l’America non ancora - pesa e molto sui gruppi industriali più importanti quotati nel Marijuana Index, come testimoniato dal Corriere della Sera. Eccessiva capitalizzazione prima o improvvisa necessità di totale uniformità legislativa adesso? In Italia, in ogni caso, siamo lontani da tutto questo e - chiarezza legislativa a parte - i piccoli e medi produttori stentano ad arrivare ad una redditività in passato annunciata come ‘il nuovo Eldorado agricolo’ dagli analisti di settore.

 

L’America divisa su tutto, secondo un recente articolo del NYTimes, si accorda su un punto: il 68% della popolazione è favorevole alla legalizzazione federale della marijuana e lo stesso presidente in carica, durante la sua campagna elettorale ha accettato l’endorsement delle più potenti corporation USA di produzione legale (terapeutica e ricreativa). Il settore legale USA vale circa 13.6 miliardi di dollari e crea un giro d’occupazione di circa 340.000 unità secondo un’indagine di New Frontier del 2019 ma secondo altri analisti la crescita nel 2020, complice la pandemia, è stata oltre le già rosee aspettative: 33% in più sul 2019. Anche la massima divisione del basket a stelle e strisce, l’NBA, ha definitivamente eliminato i test sull’assunzione ricreativa di marijuana ai giocatori a cominciare dalla stagione 20-21.

 

Ancora ‘illegale’ a livello federale, la marijuana oggi è legale in 35 stati americani (incluso lo stato della capitale Washington, il District of Columbia) per uso medico e in 16 anche per uso ricreativo degli adulti (i dati si riferiscono ad aprile 2021 ma negli ultimi mesi si sono aggiunti rapidamente molti stati e quindi è plausibile dedurre che nei prossimi la lista continuerà ad allungarsi).

Biden non è certo uno dei più grandi alfieri della legalizzazione ma prima della sua elezione il Congresso aveva messo ai voti due diversi ‘bill’ di legalizzazione (che avevano la maggioranza ma sono scaduti a un passo dall’approvazione per la fine del governo Trump). 

Il presidente democratico ha però già deciso che nel suo mandato ne depenalizzerà il possesso. Secondo gli analisti del continente, oltre a ingolfare i tribunali, è un’iniqua ‘arma’ sociale che inasprisce il conflitto già esplosivo tra bianchi e non bianchi.

 

Nel marzo 2021 con una storica legge il governo del Messico ha legalizzato la marijuana per strappare ai cartelli una potente fetta di esclusività che genera ulteriori proventi criminali anch’essi non tassati e sempre reinvestiti nell’economia legale dove creano evidenti disparità con operatori che utilizzano capitali legali. 

 

Cosa succede alla pianta più antica e più curativa del mondo alle nostre latitudini e in particolare nell’Europa a 27 (sull’altra sponda dell’Atlantico), nel periodo più turbolento delle relazioni internazionali e tariffarie USA/UE? 

Ci sono storiche evoluzioni normative come la sentenza del 19/11/20 della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) nella causa C-663/18 che tra le altre cose alza il velo (e la sanziona) sulla discriminazione del CBD come nutriente ancora presente nelle legislazioni di vari stati membri e rileva che siffatte legislazioni nazionali impediscono la libera circolazione di questa merce così come dei servizi, dei capitali e della forza lavoro ad essa sottesi. Proprio il CBD in ambienti economici più maturi come Marijuana Inc. totalizza i più grandi investimenti in ricerca e sviluppo medicale, soprattutto per la cura di malattie neuro-degenerative.

 

La sentenza CGUE precede di pochi giorni una storica dichiarazione dell’OMS (dicembre 2020) grazie alla quale l’ONU ha potuto stabilire che la cannabis è una sostanza terapeutica, rimuovendola hinc et nunc dalla Tabella 4 nella quale si trovano le sostanze a maggior rischio di abuso e senza alcun valore benefico. Di questa storica pronuncia tutte le legislazioni nazionali dovranno immediatamente tenerne conto e di sicuro ne dovranno tenere conto hinc et nunc tutti i tribunali nazionali.

 

La più antica, gustosa, terapeutica e nutriente pianta del pianeta - i cui scarti sono altrettanto preziosi quanto la parte nobile della pianta sia in bio-edilizia che nella produzione di carburanti green - trova nelle fertili terre e nei microclimi speciali delle regioni italiane l’habitat migliore.

Nonostante un ostracismo che dura da oltre un secolo, la canapa industriale italiana continua ad avere appassionati e competenti alfieri in giovani agricoltori, sapienti trasformatori ed imprenditori, scienziati e ricercatori. In una parola i nuovi ‘pionieri’ di un settore antico, la canapicoltura, che ormai copre ogni spettro di una filiera di qualità: dall’agro-alimentare, alla nutraceutica, alla farmacopea. Da un Rapporto Coldiretti del 2020, emerge che la maggioranza di nuovi imprenditori agricoli è under 35, è altamente scolarizzata e lavora nel settore per un’attenta scelta non solo culturale ma anche imprenditoriale - insomma, fare l’agricoltore non è più un ripiego ma sempre più una scelta professionale molto importante e ponderata dopo aver acquisito le competenze necessarie.

 

 

Canapa Sativa Italia (CSI): ‘Prima della crisi di governo che pose fine al Governo Conte Bis, avevamo salutato con piacere l’annunciata discussione di un disegno di legge, primo firmatario Mantero, che ci avrebbe permesso, portato avanti in maniera adeguata, con uno strumento legislativo di più lunga gestazione (ma di più stabile funzionamento rispetto ad un emendamento) la stabilizzazione del settore canapicolo.’ 

 

 

Cosa propone Canapa Sativa Italia? 

 

 

Chiarire la cornice normativa ed eliminare le zone di rischio per gli imprenditori, disciplinare il consumo umano del fiore e l’estrazione per fini non esclusivamente farmaceutici

 

‘La legge c’è già, la 242 del 2016 per la quale è possibile realizzare e mettere in commercio praticamente qualunque derivato della canapa. 

A non essere chiaramente disciplinata è la vendita dei derivati destinati al consumo umano e su questo c’è da colmare un vuoto legislativo.

 

 

Non inquadrare la commercializzazione del fiore di canapa alla stregua di quella del tabacco

 

Una proposta normativa che non contenga espliciti riferimenti a una modifica della Legge 504 sui Monopoli di Stato, potrebbe mettere a rischio l'artigianalità della filiera. Il fiore o il trinciato di canapa inquadrato come tabacco perderebbe la maggior parte delle possibilità di valorizzazione del prodotto con identità artigianale, l'impianto normativo riferito a questo tipo di filiera tende ad avvilire e a spostare l'attenzione dalla maggior parte delle possibilità e utilizzi molto più sani della pianta. Per questo motivo immaginiamo un impianto autonomo, anche sostenuto da licenze e soprattutto procedure di controllo sulla qualità. Come accade per le filiere del luppolo e del vino, il sistema consente di valorizzarne tutti i livelli. La filiera della canapa, a livello agro-alimentare, è più vicina al luppolo e alla vite anche secondo i marketing standards in definizione EU; queste ultime - in quanto destinate alla produzione di un alcolico  - sono molto burocratizzate e non sempre necessariamente capaci di garantire una competitività nel mercato europeo per gli operatori di filiera made in Italy.

 

Gli usi più promettenti della canapa sono quelli alimentari e devoti al wellness, non certo solo un prodotto destinato banalmente o esclusivamente al fumo che come tutti sanno rimane dannoso alla salute di per sé.

 

Tabacco, luppolo e vite non hanno, tuttavia, neanche lontanamente le potenzialità della canapa, caratterizzata da una multifunzionalità senza precedenti. Per questo oltre che la vendita diretta con la predisposizione di un sistema di controllo e verifica della salubrità di tutti i derivati, attraverso protocolli accessibili e sicuri, sono necessari tanti interventi tesi a valorizzare la coltivazione della canapa di tutti i livelli trovando soluzioni moderne alle criticità e consentendo a questo settore di svilupparsi autonomamente. 

Quella del fiore è un segmento della filiera capace di portare milioni di fatturato e senza nessun supporto da parte di finanziamenti o di classiche misure tipiche delle produzioni agricole: questo incredibile slancio andrebbe protetto e sostenuto con interventi tesi a valorizzare e a favorire il consolidamento di queste realtà. Uno degli elementi più critici da inserire a livello normativo è il continuo rinnovarsi del pool genetico: i vecchi processi di registrazione varietale non sono più adatti al continuo e frenetico sviluppo di questo settore, la cui incredibile variabilità, e la libertà di ricerca sviluppo e innovazione genetica è considerata uno degli aspetti più interessanti dal punto di vista scientifico, come  evidenziano decine di illustri ricerche. Il tutto richiedendo una risposta continua e immediata, da parte del mercato  in un sistema che dovrebbe essere molto più snello per consentire alle aziende di essere sempre al passo con i tempi.

Un approccio di libero mercato, coerente con le possibilità tecniche già a disposizione, potrebbe garantire quindi la possibilità di lavorare liberamente per gli agricoltori, facendo nascere un ulteriore aspetto propulsivo del mercato che è quello degli incroci consentendo uno sviluppo creativo per queste piccole realtà d'eccellenza, una necessità per quella categoria che rappresenta di fatto l’ossatura della filiera italiana in questo secolo.

 

 

Incoraggiare e proteggere il mercato italiano della canapa alimentare e degli edibles in generale e da Big Pharma in particolare

 

Per natura la canapa non può essere relegata a un banale, anonimo e standardizzato succedaneo del tabacco: le destinazioni d’uso reali sono ben più variegate e il consumo può avvenire in diversi modi, tutti decisamente più salutari rispetto al fumo ma neanche rimanere di esclusivo appannaggio delle officine farmaceutiche.

 

La possibilità di realizzare estratti certificati è possibile oggi solo tramite autorizzazione UCS riservata alle officine farmaceutiche che realizzano le API (Active Pharmaceutical Ingredients) ai sensi della L. 309/90: si tratta di ingredienti specifici per farmaci, che non sono però utilizzabili dall’industria alimentare e cosmetica

In relazione al mondo della canapa industriale, il gap legislativo italiano non ci consentirà di produrre per competere nel mercato europeo (dove sono già autorizzati impianti di estrazione per destinazione novel food/cosmesi/semilavorati) e in violazione del principio di mutuo riconoscimento oggi già subiamo l’importazione dall’estero a prezzi molto più competitivi di quanto da noi vietato.

 

La legge, inoltre, prevede un esclusivo rapporto tra l’industria farmaceutica e il produttore selezionato svilendo le possibilità che il libero mercato potrebbe offrire. 

Non c’è competizione sulla qualità del prodotto, il produttore deve avere già un contratto e conferire tutto il suo prodotto all’industria ancora prima di realizzarlo, quindi impedendo di fatto la possibilità di confrontarsi con gli altri players sul mercato, di valutare diverse offerte, di differenziare i propri prodotti, di avere diversi clienti, fornitori, di lavorare il proprio prodotto presso un laboratorio autorizzato e rivenderlo a proprio marchio, impedendo a queste aziende uno sviluppo di un'identità, caratteristica invece di tutte le aziende del Made in Italy presenti sul panorama internazionale  dovendo trovare le modalità di autorizzare degli impianti a questo specifico scopo ed evitando le logiche della L. 309/90, o quantomeno distinguendo i processi farmaceutici da quelli più economici del settore alimentare o cosmetico in larga scala.  

 

La destinazione alimentare del fiore, ma soprattutto dei diretti derivati detti edibles rappresenterebbe il volano economico e culturale non indifferente e un aiuto alla filiera con un grado di evoluzione che integrerebbe tutti i suoi comparti a destinazione umana, quale probabile approdo di un consolidamento del novel food

 

Nell’ottica di valorizzare la produzione artigianale purtroppo le procedure relative all'application di un novel food, a causa della dimensione produttiva di molte piccole realtà italiane, sono un ostacolo insuperabile per le stringenti e costose procedure necessarie alla registrazione di un qualunque novel food.
L’Italia ha un mercato alimentare troppo variegato per poter puntare su pochi prodotti standardizzati.
Per raggiungere questo obiettivo la visione politica e le soluzioni sono da cercare in Europa e nell’esempio Americano. 

 

Canapa Sativa Italia: ‘Ogni operatore di filiera è cosciente dei limiti legislativi ed operativi attuali: la nostra Associazione lo è particolarmente ma è da sempre focalizzata sulle soluzioni, lavorando quotidianamente ad azioni rivolte ad una sensibilizzazione delle istituzioni che in questo caso hanno bisogno di un sostegno politico ed economico da ricercarsi anche nelle pratiche legislative applicate oltre i confini nazionali.'