Metavilla/Méta-Cité, the French Paviliion at 10th Architecture Biennale in Venice

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Metavilla/Méta-Cité, the French Paviliion at 10th Architecture Biennale in Venice

(excuse us, this article is part of hundreds from our archive of features for Italian magazines and is still under translation)

L’esperienza espositiva e concettuale più viva – sicuramente unica nella storia delle Biennali veneziane – della 10.ma Mostra Internazionale di Architettura è quella offerta dal Padiglione Francese ai Giardini. Curata da Patrick Bouchain, architetto e scenografo parigino che con le sue produzioni ha sconvolto i termini linguistici ed operativi del rapporto committenza/ cantiere/comunità – l’esibizione ha il titolo Metavilla/Méta-Cité ed è prodotta e animata da Exyzt, un collettivo francese di architetti, carpentieri, designers e dj.


Il Padiglione Francese, per tutta la durata dell’esibizione, è trasformato in una casa – abitata giorno e notte da un collettivo stabile di 20/24 membri di Exyzt, più un numero variabile di ospiti, fino a 34. Composta di una zona notte, di una zona ristoro, la casa/Metavilla ha anche una sala “officina” dove vengono proiettati video realizzati in tempo reale: una reality-tv sulla vita e sulla dimensione utopica dell’esperienza. Il tetto del padiglione è trasformato in un peristilio che ospita una sauna ed una piscina che il pubblico in visita è invitato ad usare, accolto – al piano inferiore – da pubblicazioni, gadget prodotti all’interno della struttura, un bicchiere di vino od un momento di ristoro. La sommità estrema del tetto ospita una struttura verticale con amache, per riposarsi e per ammirare dall’alto i Giardini.

Bouchain ed Exyzt hanno risposto al tema della mostra – la città, i suoi cambiamenti nella morfologia fisica e sociale nell’era contemporanea – offrendo una dimensione relazionale e produttiva completamente auto-costruita con elementi transitori, propri del cantiere: tutte le strutture di cui si compone Metavilla sono removibili (tubi e piani a scomparsa, legno, stoffa e plastica, fungaie per generare funghi commestibili) e la comunità che la abita, nell’accogliere i visitatori, produce oggetti reali (magliette, dvd e film, giornali in due lingue, workshop) e anche una nuova possibilità dell’abitare.
Bouchain ha chiamato a collaborare al progetto numerosi artisti, scienziati o studiosi delle più svariate discipline, come Daniel Buren, che, non nuovo alla collaborazione con l’architetto, ha disegnato il portico d’entrata, composto di tele dai tessuti sgargianti e vivi in pendant con le sedie a sdraio disseminate qua e là.
Metavilla offre una dimensione utopica, pur essendo perfettamente realizzata dalla comunità governante che accoglie i visitatori. Exyzt dimostra nuove forme praticabili della coesistenza e della governance di territori al limite, trasformando un padiglione espositivo in un piccolo micro.cosmo produttivo autonomo e generante nuove connessioni.


Durante l’opening della Biennale, sono stati mostrati i video della costruzione della “casa”, montati con programmi di default di Mac (usabili, quindi, da chiunque). Si apprende come il collettivo ha edificato ogni singola parte della struttura, come affronta la dimensione collettiva del cantiere, come accoglie: la produzione video è giornaliera e si stratifica (al termine della mostra accumulerà centinaia di film e corti). Ogni visitatore, a seconda del giorno in cui effettua la visita, potrà assistere ad un vero e proprio palinsesto che riassume, in tempo reale, come è stato possibile portare avanti questo progetto comunitario con le sue forme innovative di produzione, accordo, negoziazione del conflitto, risoluzione di problemi organizzativi, armonizzazione di scelte artistiche, risultati di workshop e apporti dei visitatori chiamati ad interagire con i temi lanciati dal magazine interno, stampato a cura del collettivo con cadenza quotidiana.

Abbiamo visitato il padiglione con uno dei membri di Exyzt (Pablo Georgieff), che ci ha illustrato perché Metavilla è nata e come proseguirà fino al 19 novembre. E come una nuova architettura – vitalistica, dionisiaca, autoprodotta e militante – possa tentare di dare risposta ai problemi che sorgono dalla dispersione generata nelle megalopoli: nel rapporto centro/periferia, nella dicotomia nuovi bisogni/vecchia cultura e nuovi assiomi sociali/vecchi assiomi costruttivi.

“Il Collettivo Exyzt, non nuovo ad eventi di occupazione creativa e temporanea di vuoti urbani, ha agito proprio per dimostrare come un’architettura calda, alternativa, ecologica e libertaria possa indurre a ri-considerare il valore e la direzione dei grandi progetti urbani in favore di esperienze che generano un plusvalore, accanto all’ovvio fine di portare a termine il progetto. In una parola, contribuiamo a ridefinire il concetto chiave di committenza: per citare Bouchain, includiamo “ciò che accade accanto, di qua e di là dell’oggetto o del nuovo piano urbanistico progettato.”

Pablo ha risposto alle nostre domande mentre facevamo una sauna all’ultimo piano, e, la sera successiva, mentre animavamo un party al Padiglione Francese: l’esperienza utopica di Metaville ha funzionato, il bar era di volta in volta servito da uno degli ospiti (che non conosceva nessuno eppure si è integrato), i dj si alternavano – senza conoscersi, ma familiarizzando al momento! – nell’area destinata ai video e alla produzione, la TV Metavilla scorreva senza sosta per dare a tutti la possibilità di essere, anche solo per una notte, abitanti di una nuova era, di una nuova dimensione. Reale, perfettamente funzionante, assolutamente aperta alle contaminazioni. Soprattutto replicabile su scala, cambiando valore e significante dei ruoli protagonisti di qualsiasi progetto dell’abitare.