Tagliarsi i capelli su un albero, a Venezia con Sislej Xhafa. Al Padiglione Italia

Le performance di Vice Versa

sezione: blog

26-08-2013
categorie: Arte, teatro, performance,

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Tagliarsi i capelli su un albero, a Venezia con Sislej Xhafa. Al Padiglione Italia

Le performance di Vice Versa

Invitata da Galleria Continua (San Gimignano, Beijng, Le Moulin), ho partecipato a Parallel Paradox, una performance di Sislej Xhafa, uno degli artisti che la galleria rappresenta e che è tra i 14 invitati (ed esposti in coppie) da Bartolomeo Pietromarchi, ex direttore della Fondazione Olivetti ed attuale direttore del Macro (Roma), a rappresentare l’Italia alla Biennale d’arte di Venezia. Fuori al Padiglione, al Giardino delle Tese alle Vergini, un parrucchiere (Diego, un passato da artista, ora è un coiffeur pour dames e lavora a Mestre: ha conosciuto l’artista tramite amici in comune) seduto su un albero alto e rigoglioso invita i suoi clienti a prendere posto in un ramo accanto a lui e propone un taglio di capelli ed un colpo di phon e di lacca per fissare l’acconciatura – con uno specchio ovale a incorniciare la scena da un’alta angolazione. Attorno, il via vai dei visitatori della biennale d’arte, i pomeriggi d’estate screziati di nuvole, cicale ed afa (la performance si è svolta nei giorni di vernice e si è ripetuta anche a luglio) colti da una prospettiva assolutamente spiazzante, soprattutto per chi come me soffre di vertigini e ha accettato quest’invito proprio per esorcizzarle.  L’albero è provvisto della classica luce dei barber’s shop di Londra.
 

Una scala a pioli, un’imbracatura, un personaggio eccezionale (il parrucchiere-artista) che con modi affabili si comporta esattamente come se si fosse nel suo negozio in qualsiasi pomeriggio: per la prima volta l’artista firma un lavoro con le mani di qualcun altro ed ha molto amato questa condizione. Diego, invece, ha cercato di convincere Sislej a una nuova acconciatura ma l’artista sembra troppo affezionato ai suoi capelli a punta (mentre all’interno espone un’opera senza courtesy, un po’ defilata rispetto alle altre: una bara ricoperta di schedine del lotto, ode alle nostre compulsioni contemporanee).

Il Padiglione Italiano quest’anno cancella l’onta del pessimo mercato delle pulci (più che dell’arte) di Sgarbi, meritando più di un plauso della critica. Dal titolo Vice Versa, presenta i lavori di artisti (oltre a Xhafa, Francesco Arena, Massimo Bartolini, Gianfranco Baruchello, Elisabetta Benassi, Flavio Favelli, Luigi Ghirri, Piero Golia, Francesca Grilli, Marcello Maloberti, Fabio Mauri, Giulio Paolini, Marco Tirelli, Luca Vitone) di età diverse messi a confronto per narrare le vicende della nostra arte e più in generale alcune caratteristiche, come la polarità, che descrivono spesso il nostro fare cultura (e non solo). In sei stanze ed un giardino, gli artisti sono esposti per temi: corpo/storia, veduta/luogo, suono/silenzio, prospettiva/superficie, familiare/estraneo, sistema/frammento e tragedia/commedia.

Il lavoro più intenso dal punto di vista dei sensi è sicuramente quello di Luca Vitone che racconta la storia dell’eternit attraverso una fragranza olfattiva (composta di note di rabarbaro): la sua “stanza” è condivisa con i paesaggi di Ghirri, che ho trovato un modo sofisticato e straziante insieme di tradurre il contesto politico e sociale italiano, prima che quello culturale. Altre performance abitano il padiglione, come quella di Marcello Maloberti (la sua opera è composta da un blocco di marmo ed una serie di tavoli di legno appoggiati in varie fogge, coperti da uno specchio con accanto un melone giallo) che vede alcuni studenti delle accademie di belle arti animare il monolite con dei teli da mare. Oppure, Francesca Grilli che espone Ossido Ferrico, composto da un monolite di ferro su cui viene scavata, goccia a goccia, la superficie. Insieme al suono della goccia, una cantante ogni giorno alle 16 per 15 minuti ravviva questa struttura sonica (ed anche qui olfattiva, a seguito dell’ossidazione del materiale) con dei vocalizzi.