Fotografia a Venezia alle Zitelle e all'Accademia

Due sguardi differenti sull'Italia, Gianni Berengo Gardin e Maurizio Galimberti, fino al 12 Maggio

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16-02-2013
categorie: Fotografia,

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Fotografia a Venezia alle Zitelle e all'Accademia

Due sguardi differenti sull'Italia, Gianni Berengo Gardin e Maurizio Galimberti, fino al 12 Maggio

Un condensato di storia e stile italiani, uno sguardo indagatore sul mondo e sui mondi rigorosamente in bianco e nero firmato Gianni Berengo Gardin è, fino al 12 maggio, alla Casa dei Tre Oci alla Giudecca (Venezia). La mostra “Storie di un fotografo” comprende 130 scatti in vario formato, un estratto di libri e cataloghi sull’opera del grande fotografo italiano, una selezione tra gli oltre 200 fotolibri che lui stesso ha realizzato. Gianni ha lavorato per la cronaca, lo still life e persino il design e l’arredamento (nei tempi ruggenti di Domus).

Nato negli anni 40, predilige il bianco e nero, non solo per una questione generazionale, ma perché "il colore distrae il fotografo e chi guarda". Nella mostra veneziana sono a confronto reportage tanto diversi quanto sublimi. L’autore si aggirava interessato alla vernice, con una macchina fotografica al collo, per osservare le reazioni e i commenti dei numerosi presenti, soprattutto giovani fotografi che investigavano le azioni di un grande vecchio del reportage, che ha sempre scattato in pellicola e da ultimo si è convertito al digitale. Per creare il corpus di immagini prescelte, Berengo Gardin ha lavorato a sottrarre da oltre 3000 immagini che ha pazientemente, ed in prima persona, setacciato per creare un personalissimo viaggio nell’Italia che fu o che è.

Piccole visioni intime (persone alla stazione che ignorano l’intorno, nelle loro case, nei luoghi di lavoro) si sovrappongono a visioni rare (penso alla serie dei conventi di clausura o ai pregnissimi interni domestici di case o roulotte rom) e sognate; le grandi città sono protagoniste e lo è però anche il cuore segreto di capitali impolverate (penso ad un’immagine in particolare che stordisce, quella dell’ossario di Palermo). Berengo è reporter, ritrattista ma anche fine interprete di volumi ed interni. Un’impeccabile composizione di arredi, del tutto involontaria ovvio, si rintraccia in uno scatto di una lavanderia di un monastero. Dove uno specchio, unica vanità nel rigore della vita ritirata dalle attività mondane, si getta a picco su un geometrico pavimento a scacchi.


Una sezione della mostra – corposa, diremmo il nodo centrale della scelta del fotografo - ricade sulla Venezia in cui ha vissuto a lungo: innevata, deturpata o ammantata dal Carnevale, nei momenti più ordinari – dal lavoro ai giochi per bambini – fino al Florian. Lo storico caffè in Piazza San Marco è stato meta di peregrinazioni negli anni e vedere le foto degli avventori è un po’ come avere a portata un prontuario del decadimento degli avventori, in un certo senso.


Classe 1930, ligure e amante della vita di città (oltre Venezia ha vissuto tra Roma, Parigi e Lugano prima di scegliere definitivamente Milano), è il fotografo storico delle architetture di Renzo Piano e ha vinto numerosi premi, tra cui il World Press Photo e il Leica. E’ rappresentato da Contrasto e ha pubblicato, come dicevo prima, oltre 200 volumi, molti dei quali lavorando con il Touring e soprattutto con l’Istituto Geografico de Agostini. Il 2012 è stato il suo anno, avendo ricevuto anche l’Ambrogino d’Oro dal Comune di Milano. Ma non è mica pago: con l’età ha preso a brandire molto di più la macchina per denunciare (suo è uno straordinario servizio-verità su L’Aquila dopo il terremoto).

La Casa dei Tre Oci, è una meravigliosa casa patrizia dei primi del Novecento, costruita dall’artista Mario de Maria e abitata da tante persone note (tra cui Piano stesso). Oci in veneziano significa occhi e sta ad indicare le tre finestre extralarge che dominano la facciata cangiante. Acquisita da Polymnia Venezia, lo spin off della Fondazione di Venezia incaricato di gestire mostre e progetti culturali, la Casa è sede di mostre (soprattutto sulla fotografia).

Recentemente, essendo nella disponibilità di Civita Tre Venezia che per conto di Polymnia gestisce le attività museali della Casa, anche all’Istituto Veneto di Scienze Lettere ed Arti cioè allo straordinario Palazzo Franchetti (sopra il ponte dell’Accademia), Denis Curti, ha presenziato ad un’altra vernice (essendo direttore artistico della Fondazione, che porta avanti produzioni e progetti nel campo della formazione, del teatro e delle arti visive, in particolare cercando di costruire il Museo del Novecento a Mestre). L’ultima, inaugurata ieri e aperta al pubblico da oggi sabato 16 febbraio, è Paesaggio Italia, curata da Benedetta Donato: una vasta retrospettiva di un autore completamente opposto a Berengo per tipologia e missione, il comasco Maurizio Galimberti. Anche questa mostra chiude il prossimo 12 maggio.

Famoso ritrattista di celebrities, Galimberti è noto per aver sempre e solo usato le Polaroid, sia singole sia in mosaici, sia addirittura addizionate in fase di creazione per esaltarne i colori o cambiarne la pasta, oppure miscelate ad altri materiali nei readymade. Anche qui il paese è al centro della vivisezione visiva dell’autore, che dichiaratamente si classifica come fotografo dell’istante, dell’emozione positiva, della gioia e della felicità (insomma, not bad news at all). Percorre, sempre e solo con le tecniche citate, il barocco pugliese e il razionalismo lombardo, la natura del sud e la casualità di certi sguardi e prospettive di città note e notissime (anche qui una sezione ampia di mosaici, di ready made e anche di immagini singole è dedicata a Venezia).

Insieme, combinate, le due mostre sono perfette per chi, non italiano, ama viaggiare restando fermo peraltro visitando straordinari palazzi (dalla Casa dei Tre Oci si gode uno dei migliori panorami di Venezia). Cataloghi per l’una e per l’altra firmati Marsilio, partner della Fondazione di Venezia.