Venezia sostenibile tra musica e giardini

Doppia scoperta: note e generi, arbusti secolari

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Venezia sostenibile tra musica e giardini

Doppia scoperta: note e generi, arbusti secolari

Orfana della sua gettonatissima sezione ‘late night’ dedicata all’elettronica contemporanea di cui vi avevamo parlato già a proposito delle scorse edizioni, ritorna a Venezia la Biennale Musica con una serie di concerti che tentano di abbracciare più generi ma che destinano all’elettronica dell’oggi in chiave dance una sola data, con due dj e produttori italiani dedicati principalmente all’Italo Disco: Guglielmo Bottin in  arte Bottin e Maurizio Dami in arte Alexander Robotnick (aka Robòtin e suona il 7/10 dalle 23 alle Tese sia live sia djset).

 

Il 62. Festival Internazionale di Musica Contemporanea si svolge dal 28 settembre al 7 ottobre, spesso con numerosi appuntamenti quotidiani tra cui le conferenze con i protagonisti prima delle performance (che si svolgono in vari luoghi cittadini, da Ca’ Giustinian all’Arsenale). 

Anche quest’anno in scena giovani compositori, registi e librettisti che hanno partecipato alla Biennale College Musica, il cui bando internazionale ha prodotto 4 mini-opere “low budget” di teatro musicale da camera su tema comico, surreale, fantastico e/o giocoso. Che vedremo in prima assoluta il 7/10.

 

Il pianista e compositore americano Keith Jarrett  è Leone d’Oro alla carriera di questa edizione mentre il compositore franco-argentino Sebastian Rivas, è Leone d’Argento (la serata del 6 ottobre sarà premiato e sarà rappresentata la sua opera Aliados).

 

Cosa vedremo, o meglio cosa ascolteremo? 

 

L’opening è affidato a un concerto dalle musiche di Zappa (The Yellow Shark al Goldoni, il 28/9, affidato alla esecuzione della PMCE). 

 

La PMCE firma anche il giorno successivo un concerto delle musiche del compositore Elliot Carter e tra le sezioni di quest’anno si sottolinea sia il focus sul contrabbasso (il 29/8 con Florentine Ginot, il 30/9 con Charlotte Testu che introduce anche l’elettronica, e lo stesso giorno Dario Calderone che suona peraltro un brano in prima assoluta prodotto dalla Biennale nella seconda parte del programma).  

 

Mentre il focus su questo strumento continua nei prossimi giorni, nel programma abbondano altre finestre su strumenti e generi: dalla chitarra al basso elettrici, agli archi con Mivos Quartet il 1/10 - e anche al al tango con María de Buenos Aires di Piazzolla il 2/10. 

 

Non è mai mancata la sperimentazione su note ed esecuzioni non convenzionali e anche quest’anno si osa, in particolare con le sonorità di ‘materie’ ed il CRM con i suoi tamburi aumentati (il 2/10 alle 17). Il 4/10 la Colombia ed i suoi compositori contemporanei è alle Tese nel turno serale.

 

 

The Yellow Shark di Frank Zappa: quintessenza di modernità senza tempo 

Musica coi baci, con i buuu, con i soffi e le carezze, con i megafoni e con le pistole giocattolo, musica persino con il questionario d’immigrazione per la dogana degli Stati Uniti, una delle due incredibili performance per improvvisazione voce e orchestra (questa di cui vi riferiamo è Welcome to the United States con David Moss a fare da mattatore). Musica ribelle, dove fintamente gli archi e i fiati ad un tratto si mettono a suonare autonomamente col direttore d’orchestra - un incredibile Tonino Battista con bretelle giallo-squalo come tutti i componenti uomini di un’orchestra che balla, canta e improvvisa come attori! - che cerca di fermarli. E musica che continua dopo la fine, con una sorta di bonus track che ci regala l’orchestra con Moss a scendere tra la gente e invitare ben tre signore a ballare.

Questo è stato l’avventuroso opening della Biennale Musica 2018 con Frank Zappa ed il suo The Yellow Shark, partitura variegata ed impossibile ad essere categorizzata che scrisse poco prima di morire e che si compone di 70 minuti di musica e 19 tracce, difficile da categorizzare ma di sicuro un concerto che ha il pregio di poter essere guardato perché appunto ogni elemento dell’orchestra ha un portato di gesti e azioni come se fossimo a teatro. Come difficile se non impossibile fu  categorizzare Zappa nell’intera sua carriera, come hanno spiegato in un Goldoni gremito alcuni colleghi con cui mi sono trovata a parlare dopo il concerto: provenivano da Milano e dagli States, quindi da entrambe le sponde dell’Atlantico che questa Biennale vuole raccontare senza preclusione di generi.

 

 

Contrabbasso mon amour

 

Il focus sul contrabbasso è entrato nel vivo ieri alla #biennalemusica con Charlotte Testu.

La giovane musicista solista francese, che abbiamo intervistato per #slowwords: presto leggerete la sua storia sulle nostre pagine, nasce in una famiglia di addetti ai lavori e sembra destinata al piano e al violino quando, in maniera del tutto improvvisa, incontra un mentore che la fa innamorare del contrabbasso da cui non si separerà più e per il quale cambierà anche Conservatorio.

Testu a Venezia si è cimentata su 4 partiture (due originali e in prima italiana, commissione francese - due commissionata dalla Biennale e in prima assoluta). 

 

Non aspettatevi composizioni ‘canoniche’: lo strumento è agito in ogni modalità possibile, incluse le percosse e le pizzicature e in un caso è doppiato da un contrabbasso modificato che è in scena del pari e si ‘suona da solo’ funzionando da cassa di riverbero. 

 

Radio Bass, il primo, ci sembra il più coinvolgente in programma (autore Aurélio Edler-Copes) ed è stato scritto pensando a una sorta di trasmissione radio: insieme a quello composto da Fernando Garnero (anch’esso in prima assoluta e anch’esso commissionato dalla Biennale: quello con il doppio contrabbasso in scena), ci sono sembrati i brani più 'politici’ sia nell’uso dell’elettronica sia dall’uso di alcuni pezzi vocali. 

 

Quello che sembra aver catturato molto Testu è l’ultimo in programma, scritto da Francesca Venturelli, Sky and Decaying Sinusoids dove l’elettronica detta il passo allo strumento e dove si ‘invertono' le parti anche nella complessa scrittura del pezzo. Di sicuro, dal lato del pubblico, molto apprezzato è stato il ricchissimo climax finale.

 

A proposito di pubblico: avete sentito parlare della formula ‘spettatore in residenza’ che accomuna tutte e tre le biennali performative (Danza, Musica, Teatro)? Per soli 35 euro è possibile assistere a tutto il festival con un tutor che vi guida tra i tanti eventi, concerti e conferenze.

 

 

Mivos Quartet: archi ed elettronica 

 

La #BiennaleMusica2018 ospita a #CrossingTheAtlantic un quartetto d’archi molto acclamato ai maggiori festival del genere, i Mivos Quartet (due violini: il primo Lauren Cauley Kalal, Olivia de Prato; una viola, Victor Lowrie Tafoya; un violoncello, Mariel Roberts). Dopo la Biennale saranno in Israele e poi a Vancouver. 

 

Americani, si distinguono per una incredibile dote esecutiva e per un lavoro serrato coi compositori a cui commissionano lavori: si tratta di collaborazione e di continuo scambio piuttosto che di asettica ricezione di opere senza incontrarsi. Come è accaduto per una delle tre piece portate in scena, composta da Sam Pluta (che insieme a Lauren ha preso parte al piccolo talk introduttivo). 

 

La composizione in America, secondo Pluta, si distingue da quella in Europa perché lascia più spazio all’improvvisazione. E’ il caso anche della sua Chain Reactions/Five Events che ha chiuso il concerto: trenta minuti molto ricchi di complicati pattern sonori in cui il compositore ha preso parte occupandosi del live elettronico: nella prima parte è di quel tipo e nella seconda si attiene più alla musica scritta.

 

Tra le tre esecuzioni (anche opere di George Lewis, Hilda Paredes), si è potuto avere un saggio compositivo di artisti americani di diverse generazioni, come ha sottolineato Ivan Fedele in apertura. Cuerdas del Destino della Paredes è un’opera straordinaria che lascia tutti gli archi a suonare all’unisono per lunghe parti di brano e che crea un’atmosfera unica. Tuttavia il pubblico sembra aver maggiormente gradito Chain Reactions/Five Events, un vero e proprio muro di suono.

 
 

La sperimentazione dell’ieri e dell’oggi: CRM, Margaret Leng Tan, Ensemble Itinéraire, Robòttin

 

#CrossingTheAtlantic è stato un crescendo verso le ultime date.   

Due grandi rivelazioni - CRM (Centro Ricerche Musicali di Laura Bianchini e Michelangelo Lupone) e Margaret Leng Tan si sono concentrati attorno a due strumenti oggetto di tante sperimentazioni (elettronica a parte) nella storia della musica contemporanea: le percussioni ed il pianoforte. 

Chant de la matière è una performance di tamburi ‘aumentati’ (i Feed-Drum® e gli SkinAct) e computer con live act in tempo reale. Straordinaria la composizione in prima assoluta ‘Luna Doppia’ di Laura Bianchini che ha aperto il programma (e che giovedì 11 ottobre intervisteremo su Slow Words): in questo caso si tratta di ‘sola elettronica’ e vi assicuriamo che è un viaggio potentissimo nella mente. Bianchini compone con un grande riguardo verso le altre arti, come la poesia, a cui si ispira moltissimo. Non trovate le loro composizioni (spesso commissionate all’estero) pubblicate in raccolte presso editori musicali canonici: potete solo cercarli al CRM - sono loro stessi a pubblicare e distribuire le loro creazioni.

 

La famosa pianista d’avanguardia Margaret Leng Tan ha letteralmente ‘incollato’ il pubblico di Ca’ Giustinian alle sedie con pezzi altamente sperimentali (per piano ‘preparato’ ed altri ‘aggeggi sonori' incluso un piano giocattolo) di Henry Cowell, John Cage (di cui è considerata da decenni la massima esecutrice) ed il primo libro delle Metamorphoses di George Crumb: la pianista ha spiegato al pubblico le note salienti delle sue esecuzioni (ed ha aggiunto che Crumb, ormai novantenne, sta lavorando al secondo capitolo della composizione, peraltro a lei dedicata: il nuovo ‘libro’ sarà sempre composto da pezzi sperimentali per piano e voce ed una video proiezione che ‘appare’ in sincrono con la musica e rivela in modo suggestivo ed inedito alcuni dipinti di famosi pittori moderni).

 

Storico complesso europeo a lungo associato al nome dello spettralismo di Grisey, Murail, Levinas, Dufourt, il francese Ensemble Itinéraire (1973) a Venezia ha portato un programma preparato per l’Anno dello Colombia in Francia nel 2017 (la direttrice artistica dell’Ensemble ha origini colombiane) e che ha previsto una selezione della produzione contemporanea colombiana. Si tratta di sei compositori tutti tra i 30 e i 40 anni che presentano solo novità, cinque per l’Italia e una mondiale, mettendo in campo dispositivi elettronici, onde Martenot, installazioni sonore (e molto altro).

Su #slowwords abbiamo intervistato Daniel Alvarado Bonilla che è il primo (ed anche il più giovane) dei compositori eseguito dell’ensemble con la sua Fábulas (de duendes, valles y duraznos).

Straordinaria si rivela l’ultimo pezzo in programma, Tétramorphes (Revelo I) di Marco Suárez-Cifuentes che è una vera e propria opera lirica: il ‘capitolo’ visto ed ascoltato a Venezia è il primo ‘pannello’ di Revelo, che oltre a suonare ritmi ed oggetti straordinari - lastra di metallo inclusa a fare sia da quinta che da produttore di suono - mette in scena una performer che canta un’opera densa di rimandi politici e letterari dalle parole struggenti, i cui sottotitoli in italiano sono proiettati in versione ‘calligrafica’ sulle spalle della protagonista e su uno schermo fatto da un telo di plastica. 

 

Il festival termina con un duo di dj e produttori italiani, Bottin e Robotnick che suonano ‘back to back’ (un po’ per uno) le loro hit (soprattutto Robotnick, che canta anche al microfono) ed improvvisano sotto l’aka Robòttin. 

 

 

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Dalla musica alle piante, non è un accostamento azzardato e soprattutto ha sempre Venezia, quella meno turistica e meno dilaniata, come protagonista.

 

Mariagrazia Dammicco e la sua associazione Giardini-Wigwan sede di Mestre come ogni anno organizza e cura il Festival dei Giardini Veneziani. Con un’attenzione specifica al turismo sostenibile, questo festival si dedica ogni anno con un tema diverso ai giardini storici veneziani. Se l’anno scorso era decisamente orientato alla fioritura, quest’anno è incentrato sugli arbusti che crescono qui da secoli. 

 

Dal 5 al 7 ottobre, con un programma fitto che prevede due o tre appuntamenti quotidiani tutti su prenotazione, si visitano giardini e hortus conclusus che sono ancora intatti, spesso ricevuti dai proprietari e con storici dell’arte ed esperti a raccontare gli incanti dei luoghi aperti per l’occasione (le visite sono arricchite da concerti e degustazioni a fare da corredo). Da Palazzo Nani Bernardo in apertura, fino all’isola di San Clemente con le sue essenze di rosa e le piantagioni secolari, passando per la Vigna di San Francesco e per il vivaio di Laguna Fiorita, Palazzo Grimani dei Servi, Madonna dell’Orto.