I mecenati di Venezia: salvati sei modelli architettonici giganti

Vuitton è al sesto restauro per MUVE, racconta la relazione con il contemporaneo

sezione: blog

14-10-2016
categorie: Architettura, Arte, Corporate,

» archivio blog

I mecenati di Venezia: salvati sei modelli architettonici giganti

Vuitton è al sesto restauro per MUVE, racconta la relazione con il contemporaneo

Non è la prima volta che accade (succede da sei anni) – e fortunatamente non sarà l’ultima. Un grande gruppo del lusso internazionale (LVMH) con la sua azienda di punta (Louis Vuitton) salva e valorizza patrimoni veneziani in collaborazione con Muve, la Fondazione Musei Civici che raccoglie tutti i musei comunali e diversi fondi librari (12 straordinari palazzi e altrettante collezioni amministrate da una fondazione in-house della città sull’acqua). Stavolta tocca a sei spettacolari maquette architettoniche lignee di famosi edifici storici (una su tutte la Villa Pisani di Stra, ma anche Palazzo Venier dei Leoni, mai completato ed ora sede della Peggy Guggenheim). Salvati dagli archivi e, in qualche caso dall’oblio, i modelli giganti dei palazzi storici sono stati esposti in due dei musei della Fondazione, forse i più particolari: il ‘re’ dei musei Veneziani, il Correr ed infine il mio preferito, il Fortuny, dove la straordinaria mostra Quand fondra la neige où ira le blanc è prorogata fino al 6 novembre.
I modelli sono stati non solo salvati (fuori e dentro se si sbircia all’interno, come ha spiegato chi il restauro l’ha fatto, Stefano Provinciali: soprattutto per Palazzo Venier, si trovano intarsiate non solo le facciate ma anche le cornici in gesso destinate ad accogliere le tele sulle pareti, ogni decorazione d’interni ed anche le scale). Ci sono stati restituiti permettendoci di leggervi tutta la patina del tempo, le addizioni imperiose nel corso dei secoli, le sottrazioni e le mancanze (sebbene la squadra del conservatore e restauratore veneziano abbia ricongiunto una grande mole di frammenti staccatisi negli anni e conservati con cura dai responsabili del museo). E la loro funzione: erano, appunto, dei massicci ‘esecutivi’ che venivano portati in cantiere, alcuni di essi hanno i basamenti fatti con legni di recupero (quello di Villa Pisani al Fortuny) e addirittura sono costruiti in sezioni (scomponibili) e dotati di maniglie per essere trasportati più facilmente.  Erano fatti per durare ed essere sballottati anche trent’anni (il tempo medio di un cantiere a quei tempi) ma non sarebbero sopravvissuti se non fossero stati restaurati: sarebbe stato un peccato non continuare ad ammirarli.

 

‘Non è la prima volta che Vuitton collabora alla conservazione, al restauro e alla valorizzazione di opere (oltre che di sedi) della Fondazione Musei Civici’, afferma Daniela Ferretti, direttrice del Fortuny (già al lavoro sulla prossima mostra di arti, dopo aver vinto un importante premio con Proportio: stavolta il tema, ci svela, sarà l’intuizione).

‘Quello che non sapete, è che in realtà lo fanno prediligendo il meno noto, il meno facile ed il meno ovvio, ad esempio qui ci hanno aiutato anche a restaurare i film di Fortuny, un lavoro non facile e molto oneroso.’

Christine Vendredi-Auzannau, direttore dell’Espace Vuitton di Tokyo e, cosa più importante, da due anni a capo del settore Arte e Cultura della Fondation Vuitton (e del gruppo), è arrivata a Venezia oggi per inaugurare le mostre e per discutere con Gabriella Belli dei prossimi passi da fare insieme (soprattutto in vista della Biennale 2017). Era appena stata all’Espace tedesco, con sede a Monaco.
Oltre alla volontà di considerare il rapporto con questa fondazione Italiana privilegiato e da continuare, ci ha raccontato qualcosa in più del rapporto con il contemporaneo. Innanzitutto, il settore resta cruciale per la Maison e ancora di più per il fatto che negli Espace (oltre Venezia Tokyo e Monaco, anche Pechino) sono in mostra progetti unici, che non vengono mostrati prima in Francia, pur provenendo dalla collezione. Ed è proprio negli Espace che è possibile lavorare sia mostrando più pezzi di uno stesso autore, sia lavorando con il metodo da lei proposto, l’accrochage: mischiando, cioè, contemporaneo e antico.

Chiarisce anche che antico significa prima di tutto salvaguardia, restauro e restituzione al territorio dove l’Espace è ospitato (a Venezia, all’ultimo piano del negozio Vuitton a Calle del Ridotto, San Marco). Frutto di questi progetti, ad esempio, da ultimo sono stati gli esperimenti di accostamento tra le vedute ottiche del ‘500 (restaurate e patrimonio dei Civici) ed un’installazione piccola e straordinaria di Olafur Eliasson che lavorava con lo stesso principio. Ed ancora abiti veneziani settecenteschi restaurati ed accostati alle visioni destrutturanti dell’artista asiatica Movana Chen che crea vestiti di carta ricamati a mano (per l’occasione erano ‘ottenuti’ da vecchi cataloghi della Maison ridotti a striscioline).


Frizioni nella fruizione del contemporaneo ora che in città si aggiunge un altro spazio del loro vasto perimetro, parliamo del Fondaco dei Tedeschi dove una società del gruppo (DHS) ha preso in gestione l’edificio e ha uno spazio eventi (corte, sottotetto e terrazza) che programmerà attività espositive tutto l’anno? A quanto pare non ce ne saranno, anche se il piano deve essere ancora steso (responsabile della programmazione culturale è Delphine Trouillard, ex responsabile comunicazione della fondazione dell’altro magnate francese protagonista dell’arte contemporanea: Pinault: Auzannau e Trouillard si incontrano in Francia la prossima settimana).

Molti restauri finanziati e già operati da Vuitton per la Fondazione Musei Civici non sono ancora resi pubblici, per loro è più importante concentrarsi sulle azioni di restauro che sulla comunicazione, che può avvenire in un secondo momento (Auzannau spiega che è la Belli a informarla di cosa sarebbe più urgente realizzare – che si tratti di sedi o di opere da restaurare, o di artefatti come in questo caso).


Questa sezione viene presentata per due ragioni.
La prima è che è in corso una mostra, prorogata fino al 26 febbraio 2017, all’Espace sui modellini in scala dell’edificio che Gehry ha costruito per la Fondation Vuitton, oltre che una bella vetrata di Buren (sullo stile di Observatory of Light per la sede di Parigi) e quindi la doppia mostra al Correr e a Fortuny la richiama utilmente (la Ferretti ha ricordato che l’Espace si trova proprio tra i due musei, li unisce infatti una passeggiata di pochi minuti sfortunatamente nelle arterie più intasate dal turismo di massa).
La seconda, la leggiamo noi, è presentare un tema coerente con la seconda e ultima parte della stagione della Biennale di Architettura, quest’anno meno visitata nella parte estiva (complici attentati ed Europei di Calcio) ma molto più affollata negli ultimi mesi (del resto, il prolungamento di questa mostra sui sei mesi è molto recente: risale al rebranding di Rem Koolhaas - chiacchierato architetto del Fondaco dei Tedeschi - che l’ha ridisegnata oltre che dirigerla nel 2014).