Salone del Mobile e Fuorisalone: bio-plastiche, tessili, Google nell'anno di Cucina e Bagno

La scienza e la creatività dominamo questa edizione

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18-04-2018
categorie: Design,

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Salone del Mobile e Fuorisalone: bio-plastiche, tessili, Google nell'anno di Cucina e Bagno

La scienza e la creatività dominamo questa edizione

Mentre Milano ha un nuovo landmark finalmente operativo (la Torre bianca dell Fondazione Prada, aperta al pubblico dal 20 aprile, inauguratasi con una cena con la maggior parte dello stato maggiore dell’arte, del design e dell’architettura il 18 aprile) si parla di bioplastiche, riscoperto interesse per tessuti e wallpaper, una predominanza di accessori per la cucina al Fuorisalone in concomitanza con Eurocucina/Bagno/FTK in Fiera alcuni dei tratti distintivi di questa edizione 2018 della Milano Design Week. Che sarà ricordata, forse, come la prima settimana del Salone targata, per tanti versi, Google.

 

La settimana più attesa dell’anno da curiosi e da amanti della movida è tuttavia diventato un insostenibile fenomeno di costume che spesso preoccupa buyer e giornalisti inscatolati da folle disumane soprattutto nei giorni di opening (o di…design parade, l’evento nazional-popolare che si situa da più edizioni in mezzo alla settimana più attesa dell’anno, curiosamente coincidente con la cena super-esclusiva di Prada).

 

Parliamo di design. In Fiera (ingresso al pubblico nel week end) il padiglione 16 e 20 sono dedicati al design contemporaneo con molti piccoli marchi esteri visti spesso di recente al Fuorisalone che sono entrati nella fiera principale (tra cui Offeect, Petite Friture ed Established&Sons).

 

 

Il centro ricerca Kartell presenta una ‘bio-plastica’ con cui Antonio Citterio crea le nuove sedie Bio Chair (e con cui l’azienda rivisita alcune delle più importanti produzioni a firma di altri designer). Dichiarano dall’azienda che è composta da scarti di canna da zucchero ma non siamo riusciti a saperne davvero di più sulle fonti di coltivazione. Sempre da Kartell, Piero Lissoni presenta I-Table un desk da soggiorno e da lavoro che è occupato da un lato da due fornelli a induzione a testimoniare la sempre maggiore duttilità di funzione richiesta agli arredi domestici. E L+R Palomba una chaise-longue che sfida gli effetti gravitazionali.

 

Caimi Brevetti presenta nuovamente il suo pluripremiato tessuto fono-assorbente. 

 

 

Al Satellite, fucina per eccellenza di nuovi talenti, tre progetti molto diversi tra di loro cercano un produttore.

 

Un neonato marchio giapponese (Void Draw Tokyo - autore un architetto che ha deciso di dedicarsi al design) presenta dei sottobicchieri di carta bianca, che al contatto con il freddo rilasciano un pattern di inchiostro che raffigura foglie autunnali. 

 

Un designer giapponese, Yuma Kano, si dedica all’allevamento della ruggine e crea una collezione di arredi che esaltano le nuance di qualcosa che di solito si combatte e non si alleva.

 

Claudio Gatto, un giovane designer veneziano (diplomatosi all’ECAL che tra l’altro è presente in molti modi alla Design Week, uno convincente è una mostra di lampade portatili nate da un workshop con Foscarini a Palazzo Litta) presenta una piccola collezione di arredi gonfiabili, Soffio, ottenuti a partire da un tessuto molto compatto (lo stesso delle tavole da sup, prodotto da un’azienda di Cesenatico). Tavolo e sedie adatti a una vita nomade sia indoor che outdoor: sono provvisti di zaino e pompa (i pesi sono contenuti: 4 kg per il tavolo e circa 1.3 kg per ogni sedia).

 

In città, ad Objet Nomades a Palazzo Bocconi a Porta Venezia (la mostra di Louis Vuitton che presenta arredi realizzati a partire dal savoir fair dell’azienda di moda e prevalentemente in pelle) si distingue (tra i nuovi prodotti) un origami in pelle di Atelier Oi che ritroviamo con il terzo capitolo della loro design direction per la prefettura di Gifu con forse il progetto più interessante tra quelli visti in questi anni. Ceramiche dalle dimensioni contenute e dagli spessori sottilissimi (in edizione limitata, i costi superano i 600 euro) adatte a diffondere essenze negli ambienti. Tra le tradizioni artigiane (tre sono i produttori presenti in mostra) la ceramica è molto importante a Gifu (anche il legno).

 

A Palazzo Litta Asif Khan stupisce con un’installazione in cortile che stimola il tatto ed ancora una volta l’olfatto (senso molto corteggiato da diversi punti di vista), nei piani superiori hanno colpito l’attenzione dei visitatori - oltre al workshop Ecal/Foscarini - una riedizione storica di tessuti Gobbelin di Limonta e vasche in argilla del brand Studio LoHo. Perché l’argilla? Offre molta più versatilità nella colorazione per finalmente restituire centralità estetica alla vasca.

 

Nell’altro spettacolare palazzo storico del centro, sede dell’ISPI, Atelier Clerici si ridimensiona ed ospita soltanto due proposte che tra loro non comunicano, dividono soltanto lo spazio. Ai piani superiori il brand danese Hay domina con tutte le linee di arredo e il tableware (oltre che uno shop), edizioni curate e selezionate premiando forme e manifatture di diversi paesi (anche il made in Italy). Metalware italiano seducente tra forme del passato e forme molto contemporanee, piatti e bicchieri in ogni materiale, box in metallo per il cibo da asporto (questi mutuati dalla tradizione indiana), bottiglie (turche) spugne per la casa e un assortimento assai eterogeneo organizzato dall’azienda insieme allo chef e ristoratore Frederik Bille (la collezione comprende anche pezzi disegnati da Big-Game, George Sowden ed altri).

 

E’ nel cortile tuttavia che si incontra una delle fondazioni più interessanti per l’arte contemporanea (Luma) che qui presenta il suo atelier di Arles con le ricerche avanzate in materia di bioplastica.

 

Abbiamo fatto due chiacchiere con i designer Eric Klarebeek e Maartje Dros che hanno presentato Algae Lab, un progetto di ricerca finanziato dalla Fondazione con il suo avamposto di Arles. In questo caso il design ha avuto il ruolo di ponte tra scienza, manifattura e fonti locali, industria. 

E ha scritto le regole per una bio-fabbricazione di plastiche da alghe, che una volta ottenute in filamenti vengono stampate 3D con un’incredibile palette di colori ottenuta da metodi naturali. Tra due anni prevedono di poter essere completamente sul mercato del tableware (la loro bio-plastica è già utilizzabile per arredi e finiture di interni) con un prezzo che oscillerà sui 3.5 euro/KG (la plastica originata dal petrolio costa 1euro/KG). 

La loro missione non si ferma alla produzione di un componente che è - in alcune versioni - addirittura direttamente compostabile ‘tal quale’. E’ di più ampio respiro e riguarda la creazione di un’economia circolare per la regione. 

Il laboratorio produce anche bio-laminati dagli scarti agricoli con la stessa filosofia di un design che abbraccia scienza, fonti locali, condivisione di conoscenza e riuso.

 

 

Sul fronte USA, la settimana è iniziata con una muscolare installazione (un vero e proprio ristorante americano che unisce i sapori e gli stili tra West ed East Coast) di David Rockwell sostenuto da tutte le aziende di contract (e Cosentino che insieme a Caesarstone è l’azienda lapidea più attiva al Fuori Salone) chiamata The Diner a Via Ferrante Aporti. Abbiamo recentemente intervistato Spencer Bailey, direttore di Surface la rivista americana partner e curatrice dell’iniziativa, se volete sapere invece quali giovani designer e scuole americane lavorano meglio secondo lui.

 

Google entra per la prima volta alla Design Week e lo fa con due strategie: rispolvera una vecchia mostra del 2009 di Li Ederkoort  e la ripresenta in un nuovo giardino aperto da Rossana Orlandi (intervisteremo Li nelle prossime settimane a proposito di un suo libro di haiku). Il titolo è iconico: Softwear che pone l’accento sul tessuto come ‘albore’ del personal computer data la creazione computazionale dei patterni. Nei giorni dell’opening un talk in streaming live (con il blog di design più letto, Deezeen) ha puntualizzato il lavoro che Google svolge a sostegno della scienza (con Future Laboratory). Con Elle Decor Google non si occupa di cibo per la mente ma lancia il suo Google Home, l’assistente personale (che in due versioni, una lievemente più costosa per via degli speaker migliori) che può collegare fino a sei device ‘smart’ inclusi elettrodomestici e azionarli a comando vocale. La mostra, a Porta Venezia, racconta le case dei Millenials.

 

La mostra di Vitra alla Pelota mette insieme, in una sala affollatissima di pezzi, arredi e soprattutto sedute famose, senza successo o dimenticate. Tutte sullo stesso piano.

 
Da Hermès al Museo della Permanente è in scena la collezione 2018-19 (finalmente una collezione biennale, come si dovrebbe perché il design non debba correre dietro le stagioni come la moda).

Lunghe file di pubblico ammirano l'installazione, disposta in tante camere dalle forme geometriche non regolari, rivestite di bellissime piccole mattonelle marocchine monocolore (tutti diversi i colori prescelti). Tutti diversi anche gli interni, che creano una magia ed uno straniamento unici e racchiudono, come scrigni, arredi complementi e tessile. Questi ultimi, oltre ai plaid famosi del marchio, includono arazzi e e stoffe da parete dalle decorazioni e colori incredibili (un vecchio terrario, un paesaggio urbano, pattern superbi) che si ripetono e si sovrappongono con una grazia innata. Un piccolo stool comodino (o cuccia del vostro gatto o tavolino occasionale, a seconda) fa bella mostra in una delle camere ed è uno degli arredi più riusciti.


Oltre ad infinite sperimentazioni con il 3D printing (incluso un grande colosso del vetro, l'est europeo Lasvit), sono molte le riflessioni sulla pronta egemonia dell'algoritmo nel mondo del progetto e forse la più convincente è al Lexus Award, il cui tema quest'anno è Limitless Co-Existence: lo space designer Sota Ichinawa (insieme a maestranze di ogni tipo, da ingegneri ad artigiani, per un numero-monstre di ore di lavoro) presenta una riflessione sulla luce e 12.000 filamenti illuminati tutti nello stesso momento e sullo stesso piano grazie ad un algoritmo che ne identifica il posto adatto da occupare nello spazio.

Al Lexus Award, tra i quattro su 12 finalisti premiati con 25.000 dollari, ritorna il tema del recupero tessile con Eriko Yokoi (che anche la Ederkoort ha fatto proprio nella sua direction di una mostra di tessuti riciclati e assemblati come quilt da sapienti mani nel nord di New York). Ed anche una curiosa interpretazione del design sociale (Testing Hypotheticals) a cura di Christopher Woebken ed Elliot Montgomery che immaginano azioni e veri e propri momenti di 'straniamento' urbano per facilitare l'interazione e controllare sentimenti negativi, oltre che incentivare il community building.