Biennale Teatro: due settimane di performance, conferenze e...magia

20 spettacoli e altrettante conferenze, gratuite. La novità di Italian Brunch

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Biennale Teatro: due settimane di performance, conferenze e...magia

20 spettacoli e altrettante conferenze, gratuite. La novità di Italian Brunch

La Venezia internazionale, non quella delle arti visive ma di scena, si popola di spettacoli (20) e di workshop (18) tenuti dai coreografi e drammaturghi internazionali dedicati a 350 giovani professionisti. Accade dal 30 luglio al 9 agosto in teatri e altri luoghi della città. Il programma (nei link di questa news) prevede anche due sezioni inedite – la prima, a prezzi contenuti, è Italian Brunch sempre alle 12 al Teatro Fondamenta Nuove ed è dedicata ai giovani performing artist italiani (31 luglio e 1, 7, 8 agosto); la seconda è una serie di conferenze (ad ingresso gratuito) ogni giorno di festival alle 16 nella sede della Fondazione Biennale di Venezia (Ca’ Giustinian, San Marco) con tutti i coreografi invitati (tra cui i premiati, il Leone d’Oro alla Carriera – Christoph Marthaler, il Leone d’argento – Agrupación Señor Serrano il 3 agosto alle 16).

 

Il 43mo festival di teatro, nelle intenzioni del curatore (Alex Rigola, che ha di fatto rilanciato questo appuntamento e lo ha reso irrinunciabile anche per un pubblico che desidera avvicinarsi per la prima volta a coreografie inedite e poco viste in Italia), è quello di mettere a disposizione, a più livelli, la metodologia ed il know how che stanno dietro ad ogni creazione. Non solo a chi partecipa ai laboratori, ma a chiunque, grazie ad un luogo di incontro vivo (le conferenze, che si tengono sempre il giorno successivo alla messa in scena) che è fatto di domande e risposte.

Il processo di laboratorio con i coreografi invitati (su precisa indicazione, si tratta di passati coreografi già premiati a Venezia) non si limita al lavoro svolto da chi ci partecipa, ma mette in scena il breve momento di formazione (si svolge in una settimana, la seconda del festival) con uno spettacolo itinerante che coinvolge tutte le classi, aperto al pubblico, nella giornata del 9 agosto (La Terra Trema, brevi frammenti di 10/15 minuti per ogni gruppo di partecipanti). Rigola, che si è ispirato al tema della Biennale Arte, dice: “Ai maestri di Biennale College è stato chiesto di scegliere ciascuno il nome di un territorio come titolo e oggetto di lavoro, che farà così da specchio del nostro presente per riflettere sul nostro futuro”.

Tra le prime nazionali: Christoph Marthaler, Falk Richter, Agrupación Señor Serrano, Fabrice Murgia (Leone d’argento 2014), La Zaranda, Christiane Jatahy, Lluís Pasqual (Direttore della Biennale Teatro 1995), Ian Lauwers. Accanto a loro: Oskaras Koršunovas, Milo Rau, Antonio Latella (con tre monologhi di circa 60’ l’uno in rapida successione il 6 agosto: A.H., Caro George, MA).


Noi seguiremo, tra gli altri, Falk Richter e ve ne parleremo in presa diretta. Classe 1969, nato ad Amburgo, è uno dei più famosi sceneggiatori e registi della sua generazione. Tradotto in oltre 25 lingue, è prodotto in tutto il mondo. Oltre ai suoi spettacoli, ha diretto e messo in scena pièce di Shakespeare, Tschechow, Schiller, Brecht, alcuni sceneggiatori contemporanei Caryll Churchill, Harold Pinter, Martin Crimp, Sarah Kane, Jon Fosse, Mark Ravenhill (che dirige anche un laboratorio, CHEKHOV: ACTION! sulla filosofia dell’azione a partire dal Giardino dei Ciliegi: lo abbiamo intervistato su Slow Words People and Stories from this World, Lars Noren, Roland Schimmelpfennig, ed opere di Tschaikowsky, Strauss e Weber, Hans Werner Henze, Jörg Widmann e Jörn Arnecke.

Richter, oltre a mettere in scena una delle prime nazionali intitolata Never Forever (105 minuti di danza estrema alle Tese il 3 agosto), dirige anche uno dei laboratori di teatro di Biennale College (La Terra Trema: Dresda), destinato a 15 performers, danzatori, attori, scrittori, drammaturghi e 5 uditori. E’ tenuto in collaborazione con Nir de Volff e Nils Haarman ed è dedicato a Dresda, capitale della Sassonia, unica capitale cattolica della Prussia, scossa da una retrograda ideologia di destra.


Seguiremo anche le nuove leve della coreografia nazionale selezionate per Italian Brunch e vi racconteremo dei protagonisti nei giorni seguenti (le nostre instant reviews, saranno pubblicate sui nostri account social i cui link sono al termine di questa news). Tra gli spettacoli più curiosi di questa sezione, Iperrealismi. Dice della pièce Helen Cerina (che firma dalla coreografia alla regia alle luci): “Ci vuole un alto livello di prodezza e virtuosismo tecnico per simulare la realtà. Ecco l’idea: riprendere con la videocamera persone anonime in situazioni pubbliche e riprodurre i loro movimenti in altri luoghi e in teatro. Chissà se ora ci sono due persone che stanno compiendo esattamente lo stesso gesto nello stesso momento? Magari uno dei due sta aspettando l’autobus sotto la neve e l’altro sta parlando al telefono nel suo salotto, il loro gesto è identico ma il significato è diverso. Ecco il risultato: la danza.

Attraverso l’esaltazione dei dettagli il soggetto viene messo a fuoco e lui/lei non è mai stato/a così vivo/a, così umano/a come lo è ora nei nostri corpi su questo palco.”


Iperrealismi
è realizzato in collaborazione con il Teatro Stabile del Veneto e molti degli spettacoli in programma nella sezione principale godono delle donorship di numerosi istituti di cultura, già attivi nella precedente edizione a supportare il festival (AC/E- Acción Cultural Española, IRL - Institut Ramón LLull, INAEM- Ministerio de Cultura).


In scena il 31 luglio


La partenza di Italian Brunch al 43mo festival internazionale di Teatro della Biennale di Venezia è pessima, colpa di di CollettivO CineticO (regia e coreografia Francesca Pennini). Sarà pure sostenuto da un teatro stabile, ma sono 75 minuti di vuoto spinto attorno ad una coreografia senz’anima che addirittura contraddice se’ stessa nelle macchinose scelte comportamentali inflitte (più che dedotte da) a un gruppo di giovani interpreti circa diciottenni che, devo dire, danno ottima prova, considerando la miriade di gesti e ripetizioni senza intenti a cui sono costretti (nessuno crederà mai sono spontanei, come indicato dalla coreografa, neanche sotto tortura!).


Uno in particolare, riesce a dare cuore e colore ad una coreografia scarna e, quel che è peggio, spocchiosa nelle sue pontificazioni che non si riflettono in quel che si vede. Si tratta di Jacques Lazzari, giovane musicista e danzatore. Anche Camilla Caselli lavora bene nella claustrofobia dettata da capitoli e comportamenti pomposi che fanno di un gruppo di teenager una sorta di esecutori senz’anima di una ripetizione, già detto, vuota.


Certo una rondine può far primavera, ma in questo caso speriamo domani Iperrealismi riscatti la prima impressione di questa nuova sezione. Abbiamo chiesto se ideare Italian Brunch fosse stata una sorta di scelta collegiale, ma il curatore Alex Rigola ha rivendicato la paternità di creare un podio per giovani compagnie italiane e, di conseguenza, selezionarle in prima persona. In particolare, a lui pare sia piaciuto assai il lavoro di Pennini tanto da aprire con questa sezione. Afferma che si tratta di divergenza di gusti, oppure di mia mancanza di interesse per un particolare linguaggio performativo più vicino all’arte contemporanea (!!).


Decisamente per me è lontano da qualsiasi forma di linguaggio performativo dell’arte contemporanea, è un parente povero di qualsiasi forma di stage performance. E avrebbe bisogno di una revisione dei sottotitoli in inglese, rilevati alcuni errori di sintassi e traduzione (un po’ troppo per un festival internazionale, anche se sostenuti da un teatro italiano).


La prima conferenza pomeridiana, dedicata alla scoperta della creazione del Leone d’Oro alla Carriera, il regista e compositore Christoph Marthaler, era molto affollata, come sold out è stato il suo spettacolo ieri. Un’ora di conversazione piacevole, a cui ha preso parte anche Malte Ubenaulf, drammaturgo de Das Weisse vom Ei. Domani tocca a Ostermeier (stessa ora, ingresso gratuito).

 
Con un largo interesse della platea (che ha fatto domande tutte interessanti), Marthaler ha raccontato, in maniera sorprendente, gaia ed auto-ironica che spesso le sue magie creative avvengono senza che essi stessi se ne accorgano – incontro dopo incontro, momento dopo momento. Uno dei collanti per attori, drammaturghi e sceneggiatori sono spesso canti e visite congiunte alle sedi di performance, che creano non solo lo spirito di gruppo ma la necessaria conoscenza e feeling interpersonale.


In scena il 1 Agosto


Helen Cerina risolleva mirabilmente le sorti della scena italiana giovane invitata alla Biennale Teatro da Rigola (Young Italian Brunch). Il suo Iperrealismi è stato lungamente applaudito in scena e all’uscita la giovane regista trentenne marchigiana si è sentita fare più di una proposta da organizzatori di altri festival. Io, in teatro, ero seduta accanto ad una spettatrice svizzera, impresario del Cantiere dei Grigioni, che come me aveva pensato che lo spettacolo di ieri era vuoto. Questa pièce fa due cose: dimostra che quando c’è ispirazione il pubblico lo sente (e apprezza), dimostra che bisogna avere un solido impianto teorico e culturale prima di comporre passi di danza. E non, come accaduto ieri con Pennini, mettere in moto il nulla spinto.


Iperrealismi
è un racconto saggio, sobrio e sagace insieme, soprattutto fatto in punta di piedi. E’ un grande lavoro perché il tema di cui tratta è il più difficile in assoluto - l’umanità, inteso il come si è esseri umani. Immaginate un coreografo non ispirato, superbo, senza cultura interiorizzata (di quelli che hanno sempre ragione…) a confrontarsi su questo tema. Grazie al dio demiurgo, Helen Cerina è l’opposto di tutto questo e ha concesso minuti di pura passione e tanta riflessione a chi l’ha visto.


Si chiude con una ballata corale, fatta di una rielaborazione intelligente di tutti i passi coreografici introdotti in precedenza, sulle note di una canzone molto adatta (Human Condition di Jane as Police Woman).

L’avrei vissuto in maniera ancora più potente, Iperrealismi, in un teatro flat, con il proscenio in mezzo alla gente. Ad altezza sedie e corpi. Sarebbe stato un effetto moltiplicatore del suo assunto: la realtà che ci circonda è poesia. Consente il volo, ma solo a partire dalla comprensione. Doppiare la realtà (nel senso del raddoppio e dell’accrescimento, della macroscopia), in un gioco di specchi molto ben asserito: questo spettacolo doppia anche i limiti canonici tra danza e parola, tra passato e attualità, tra linearità e durata. E’ anche un bell’affresco, in un certo senso, di cose italiane. Di generazioni e di luoghi, di tempi e di tradizioni (soprattutto teatrali). Ma non si sofferma sul paese, quanto sulla condizione umana. E si permette un sogno, alla fine. Un sogno fatto di prosa. Un lungo racconto, spesso individuale, di memoria e di dove si vorrebbe andare. Sapendo però da dove si sta venendo. Chapeau, Cerina.

La sera, al teatro alle Tese, un altro spaccato di umanità – stavolta spagnola e molto localizzata – con El Caballero de Olmedo (opera datata 1620 di Llope de Vega), caleidoscopica e godibilissima tragi-commedia o sceneggiata messa in scena da due compagnie spagnole (Kompanyia Lliure e Joven Compañía Nacional de Teatro Clásico) dirette da Lluis Pasqual. Un’aia, dove vecchie sedie tutte diverse preparano al cunto (in fondo la Spagna e l’Italia del Sud sono quasi gemelle) e dove la chitarra flamenco è più di un viaggio nel tempo, si fa arena. Sogna l’audience, sogna (teatro pieno). Di tornare a quei tempi – dove amore, passione, gelosia e omicidio erano agitati ed agiti per cause più nobili.



NEVER FOREVER: uragano amore secondo Richter


Maratona Falk Richter con NEVER FOREVER. Una gabbia di contenimento mette in scena le frustrazioni di chi vive perennemente sospeso tra il bisogno e la paura dell’intimità allo stesso tempo – in pratica tutti (o quasi) gli esseri umani di oggi, instupiditi dai social network e dal dating online.
105 minuti di danza e parola (la prima con la coreografia di Nir de Volff/Total Brutal) sono splendidamente “incassati” in una sorta di sala d’aspetto dello psicologo (le scene sono firmate da Katrin Hoffmann, i costumi da Daniela Selig, le musiche, perfette, da Malte Beckenbach).
Non è solo una questione estetica, la scenografia è il “quarto uomo” dello spettacolo. Pareti di gomma, vetri di plexiglass (come per i manicomi, i pazienti si scagliano ripetutamente contro ma sono attutiti con un rumore sordo) e grandi fasci di elastici, incassati a mo’ di divisorio tra una struttura e l’altra – tutte mobili e assai manovrate dai performer durante la pièce.

Gli attori/ballerini hanno una grande dotazione coreografica che in ogni momento si accompagna a densi recitati (la dramamturgia è di Nils Haarmann) – per lo più lunghi monologhi sordi a risposte altrui. Non è solo la condizione amorosa e le crisi di coppia a farla da padrona, ma una interessante visione della paura e della violenza, dell’origine delle perversioni sessuali (che popolano soprattutto le personalità più deboli). A uscirne a pezzi è però più il genere femminile – sia come madre sia come compagna - come dire che Richter non aveva proprio in mente una neutralità di generi.


Lo spazio scenico è stato ridotto di alcuni metri per permettere alla grande struttura di alluminio, la stessa dei serramenti divisori da ufficio, di accomodarsi nel palco del Teatro alle Tese.

Pertanto la scrittura coreografica originale, secondo me, deve averne risentito un po’: alcuni movimenti dapprincipio fluidi sembravano arenarsi in qualche parte, anche perché la maggior parte del dramma si svolge in modo che ciascun attore/ballerino occupa una porzione cubica dello stage, incapsulato nella sua “stanza” in attesa di ‘comunicare’ con gli altri. E spesso le comunicazioni avvvenivano nell’intercapedine del pavimento o per via aeree (arrampicati sulle strutture) dove immagino la riduzione di metri a disposizione debba avere influito. All in all, è stata una prima nazionale da non perdere, peccato come tutti gli altri spettacoli (tranne quello di Castellucci) non venga replicata (il teatro era pieno anche ieri).


Oggi Richter conversa con Castellucci alla conferenza delle 16 a Ca’ Giustinian (San Marco).


Tutte le sinossi

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