Design Miami/Basel fino al 17 giugno: partita a scacchi contro il formato-fiera

Layout più chiaro, migliorata la sezione sponsor (tranne la proposta di Swarowsky)

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Design Miami/Basel fino al 17 giugno: partita a scacchi contro il formato-fiera

Layout più chiaro, migliorata la sezione sponsor (tranne la proposta di Swarowsky)

35 gallerie specializzate in design (prevale il moderno dagli anni 30 ai 50 à la Prouvé e Perriand e sono circa il 2% del totale i designer “dell’oggi” con meno di 40 anni); una balconata di cinque gallerie emergenti che propongono solo projects (Design On/Site); ancora una volta il W Hotels Award che premia designer, stavolta sì giovani, che lasciano trapassare il processo creativo al primo impatto con i loro pezzi (tre: il tedesco Markus Kayser, il canadese Philippe Malouin, l'inglese Tom Foulsham). E finalmente qualcosa di nuovo che dona un senso più pregnante alla visita e alla permanenza soprattutto in una fiera. Un forum culturale e di mercato attorno all’interior giunto, con la sua formula ormai copiata quasi in ogni continente, alla settima edizione. Si tiene accanto alla più ricca e alla più dorata delle fiere dedicate al lusso al mondo (Art Basel - che solo dopo, molto dopo, è anche una fiera per amanti dell'arte) sia in Svizzera che (in inverno) a Miami e prossimamente anche ad Hong Kong.


Cosa cambia? Oppure cosa c'è di nuovo nella formula più che rodata di quest’evento? Di sicuro è nuova, e più riuscita, questa edizione di Craftica: una serie di performance di Fendi che per la quarta volta chiede a designer industriali o art designers di costruire con i materiali tipici della casa di moda italiana: questa volta lo chiede anche ad un nome che è sempre sulla cresta con le sue creazioni, manipolazioni materiche e culturali molto intelligenti, Formafantasma (a noi era piaciuta anche quella di Aranda/Lesch con i quasi-cristalli a forma di arredo). Lo studio composto da una giovanissima coppia di italiani (uno del profondo nord ed uno del profondo sud) matchmade alla Design Academy di Eindhoven, è molto recensito (e bene) dalle riviste internazionali, eppure per Craftica ha saputo stupire, percorrendo ogni luogo dell’arredo e degli interni. Sgabelli e tasche da muro sono illuminati da uno chandelier che ha come para-lume (che contiene una lampada led cinese foderata di pelle Fendi) una curiosa campana per mucca realizzata da vetrai vicentini in vetro borosilicato (si venderà a gruppo di cinque o dieci lampade da Libby Sellers, da Craftica è visibile il prototipo e le proporzioni della campana-paralume sono 1:1).


Il nuovo in quest'edizione di Design Miami/Basel è anche quel che accade nei programmi paralleli dei talk - ad esempio quelli promossi da AD Francia sul design storico - e quel che succede nei giorni di fiera nella sezione Satellite, ed ancora per il nuovo premio patrocinato da BE OPEN (neonata fondazione filantropa creata dalla mecenate moscovita, ed ex imprenditrice nel ramo costruzioni, Elena Baturina, moglie del sindaco più longevo della capitale, Luzhkov).

 

BE OPEN si occupa di innovazione ad ogni livello (suo un grande Music Portal dove ascoltare melodie composte per l’occasione al prossimo London Design Festival 2012) e a Design Miami/Basel ha presentato un premio per studenti e per i loro progetti di tesi di laurea in industrial design, selezionando (attraverso un comitato di esperti con la direzione di Wava Carpenter) sia le scuole sia le tesi tra cui la giuria avrebbe dovuto scegliere il vincitore. Per la cronaca, c’è stato un ex aequo (a nostro avviso i progetti migliori vista la mission di BE OPEN): hanno vinto una classe di Fine Arts e una di Industrial Design istituite presso due scuole superiori di arti visive. L’olandese Sandberg con la classe di Jurgen Bey ed il wallpaper che racconta l’alienazione della vita lavorativa nei cubi/ufficio, (Kauwboy, autrice la designer Manon Von Trier); la belga La Cambre (Bruxelles), con la tesi intitolata Educational Materials for Geometry Learning: un gioco da tavolo racchiuso in un delizioso scatolo di legno (funzionale, non solo packaging) per imparare i gradienti degli angoli partendo da un’esperienza tattile e visiva.


Soprattutto trattato in modo nuovo è il tema espresso dai talk di Design Miami, (che più ovvio non si potrebbe sulla carta, Legacies) che ospita mecenati e figure chiave del design a ritrarre in una posizione e sensazione diversa il ruolo (e le motivazioni) nel collezionare, soprattutto design, prendendo a spunto dall’esperienza di chi lo fa da generazioni.


Tra le nuove gallerie, solo due con proposte convincenti dall’Italia (presenti, tra le altre, anche Nilufar e Dilmos che collezionano rispettivamente il record di vendite di moderno e la maggiore presenza di designer dell’oggi insieme a Gabrielle Amman).

O. (Roma) presenta in esclusiva, tra gli altri, un progetto di living dei fratelli Campana (Anthropophagic Sofa, sedute di sgargianti tappezzate di eco pellicce e decori dorati a mo’ di cerniere).

Antonella Villanova (Firenze), attiva dal 2008 e specializzata in design del gioiello profittando di una grande expertise espressa anche dalla città con una scuola dedicata, ha presentato una personale di Manfred Bischoff: spille, anelli e oggetti di oro puro senza aggiunta di rame, scolpito a mano e incastonato in forme straordinarie tutte portabilissime ed uniche, agganciate a piccoli quadretti con una serie di frasi scritte dall’autore. Alcuni gioielli sono impreziositi da coralli. Giocano con l’allegria e con la geometria in una maniera seducente, straordinariamente vivida e contemporanea, pur partendo da un substrato classico (la gallerista dice che con il gioiello è difficile non farlo ed infatti la sua galleria si impegna a coniugare proprio il classico - insito nel fare e vendere gioiello - con la creazione contemporanea).


Per la prima volta da Mosca, Heritage presenta una serie di arredi (e ceramiche) risalenti all’avanguardia e post-avanguardia russa (1930 e 1960-70), dai prezzi sbalorditivi, pur anche se si tratta di arredi unici, come Fraternization di Isidor Frich-Har (due operai che si baciano sulle labbra come segno di fratellanza) ed i disegni degli interiors di Boris Iofan inclusa una sua sedia di quercia.


Salon 94, abituata ad essere ad Art Basel dove ha sempre portato qualche pezzo dei designer che abitualmente presenta in galleria, ha mostrato (e venduto) gli arredi di Rick Owens; la newyorkese

Hostler Burrows (specializzata in design scandinavo) ha presentato, oltre ai pezzi storici, una collezione di arredi firmate da Charles de Lisle, interior designer californiano che propone una collezione di arredi (presenti in fiera specchi e una poltrona) fatta di solo legno riciclato, che sceglie personalmente (alcune assi hanno diverse centinaia d’anni e ci ha raccontato che quella usata per gli specchi extralarge è stata trovata in un serbatoio d'acqua dove ha lavorato cento anni) e fa lavorare secondo tecniche artigianali. Le forme tonde – grosse eppure minimali – non celano, anzi esaltano la texture del legno, protagonista assoluto dei pezzi.


Quest’edizione è stata dominata dalle gallerie francesi (15 sul totale), seguono sette dealer americani, tre inglesi, due belga e tre italiani (senza contare la sezione emergenti).


Cosa mi piacerebbe per la prossima fiera? Una suddivisione – anche diversificando gli stand di ciascuna galleria – tra design moderno e contemporaneo su due piani separati dedicati, con aperture a diverse forme di progetto, che trovano ampio e assicurato posto in ogni dimensione dell’abitare. Iniziando dal tessile, per nulla o poco esplorato, e dall’outdoor. Quest’ultimo è rappresentato quest’anno dallo stupefacente progetto, dal peso e dalla dimensione museali, di Andrea Salvetti per Dilmos (Domestic Nature: Mazzolin di Fiori la grande cupola di fiori in alluminio ossidato e con la serie di arredi ottenute da volute di alluminio, intitolate Nuvole Domestiche).


Per finire, una wishlist per gli sviluppi degli awards: per i designer la parte più difficile del lavoro è trovare i fondi necessari per la produzione specialmente quando un progetto non appare commerciale quel tanto che gallerie e certe industrie considerano come appealing. Dal momento che, crediamo, nuovi consumatori e nuovi clienti con mezzi interessanti stiano arrivando sul mercato accanto ai classici buyer oppure a collezionisti agé (che continuano a definire il confine di cosa sia appealing), adesso è il momento di mettere in produzione progetti come, ad esempio, l’acuto DesignZeist di Markus Kayser, uno dei tre vincitori del W Award. Campionando la luce del sole e lasciandola alla mercè di chi ne gode con un semplice switcher (rieccheggia Olafur Eliasson nel suo Your Black Horizon per una biennale di Venezia di qualche anno fa) il ventottenne laureatosi al Royal College di Londra è stato assai abile nel varcare il dominio della natura con un gesto semplice. Perché non scommettere su di lui e aiutarlo ad incontrare compagnie proprio a Design Miami (che appunto si qualifica come un forum oltre che una fiera) e trasformare il prototipo verso una prima commissione dal sapore industriale?

 

Design Miami/Basel, 12-17 Giugno dalle 11 alle 19, Hall 5, Messeplatz, Basilea (Svizzera)