common good than the good from themselves? nuovi (e vecchi mecenati), viaggio in Italia

Art Bonus, amici dei musei, corporate membership

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categorie: Architettura, Arte, Corporate, Non profit,

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common good than the good from themselves? nuovi (e vecchi mecenati), viaggio in Italia

Art Bonus, amici dei musei, corporate membership

Amici dei musei? Corporate membership? Fund raising territoriale?

Ne avevamo già scritto e ce ne siamo occupati per altre testate in questi anni, ma vale la pena tornarci sia per chi, negli anni, ci ha seguiti e sia per chi non lo ha fatto e si aspetta di capire che novità, almeno in Italia, ci siano dopo l’Art Bonus (2014), ultima arrivata in fatto di leggi per incoraggiare le donazioni liberali ad istituzioni (e paesaggio!).

 

In fatto di risultati – a fronte del 65% di credito di imposta per ogni erogazione liberale per la cultura (anche per lo spettacolo, con alcune specifiche limitazioni), sul sito del progetto è possibile consultare la qualità e quantità di mecenati (circa 5000, ad oggi) che hanno usato la misura. E vale la pena leggere come si differenziano per forma, dimensione e soprattutto allocazione territoriale.

Di sicuro una valutazione in prima battuta è che – a differenza degli altri interventi sin qui tentati (vi ricordate quanto perverso era Arcus?) – questo è ‘fisso’ nello schema del bilancio italiano, pur con tutte le sue limitazioni, sin dalla Finanziaria 2016. E non pone (al momento..) alcun orizzonte temporale, fatto salvo ovviamente che l’investimento in cultura da defiscalizzare riguardi interventi di sostegno realizzati dopo il 2014. D’altro canto, però, Art Bonus azzera le altre agevolazioni precedenti, soprattutto le micro-donazioni, fatto salvo il mecenatismo culturale con MIBACT (il ministero della cultura italiano) ex art 100 TUIR.


Questi sono gli strumenti in vigore ed a partire da questi ogni museo, fondazione ed impresa culturale prepara i suoi piani di finanziamento, concorrendo oggi con diversi, acerrimi nemici. Che sono i loro stessi finanziatori!
Molti dei donor sensibili ai progetti culturali si sono preparati e hanno deciso di creare le loro fondazioni – in house od esterne che siano – sia per esigenze cautelari (amministrare cospicue fondazioni) sia per (non per tutti i casi, ovviamente) utilizzare budget cospicui per la rappresentanza d’impresa in chiave culturale che frutta molto di più dell’erogazione liberale in termini di sgravi di bilancio (e può essere usata anche all’estero).


A livello territoriale, ad esempio Milano, molti patrons che hanno i loro musei d’impresa, le loro collezioni d’arte e le loro azioni di visibilità con calendari culturali annuali che fanno invidia ad un museo statale (in quanto a mezzi, di sicuro li superano) continuano a supportare istituzioni d’eccellenza. E’ il caso della Triennale, rinata dopo la gestione precedente, che conta un’Associazione Amici del Museo che in un solo anno di (nuova) vita ha prodotto cospicuo reddito ed accompagnato tante nuove aziende al ‘centro’ della scena del design italiano: 250.000 euro di fondi raccolti da 170 ‘amici’ in un solo anno.

Quest’associazione si distingue dalle altre perché il suo baricentro non è ancorato solo al perimetro (seppur vasto) della Triennale stessa, ma include visite e accessi a fondi, eventi e collezioni dell’intero territorio lombardo (se solo si pensa alle Fondazioni di designer ed architetti ed al patrimonio delle case museo, questo perimetro è molto vasto e qualificato). Ed annovera tra i soci molte aziende e non solo privati.


Quasi tutti i musei italiani sono molto attivi, non tutti dallo stesso periodo e non tutti con le stesse scelte, in programmi di membership sia individuale che aziendale. Ad esempio, a Venezia la Peggy Guggheneim Collection, la collezione della mecenate americana ancora alloggiata nella sua rinnovata casa sul Canal Grande. La Fondazione è un soggetto di diritto privato iscritto in Italia ma è figlia della grande casa americana, il museo Guggheneim, il cui direttore Armstrong sceglie gli interventi culturali d’indirizzo generale ed il management locale (a lungo rappresentato da Philip Rylands, da diversi mesi dimissionario: siamo in attesa di conoscere il suo sostituto) le mostre di breve periodo e l’amministrazione on the site.
Da un’idea di Michela Bondardo (sue furono diverse guide sulla defiscalizzazione dell’investimento in cultura nate dal Premio Impresa-Cultura della Confindustria), nasce Intrapresae, che è un’evoluzione del membership club aziendale, cucito addosso però ad un’impresa culturale. Da circa 25 anni, imprese del territorio ed oltre finanziano la Peggy Guggheneim collection garantendo una fiche annuale (circa 22.000 euro) senza essere convogliata su un progetto specifico ma al sostegno dell’intera attività. E ricevono in cambio un pacchetto di benefits tra cui l’utilizzo per eventi corporate (e per visite alle mostre ed alla collezione) di Palazzo Venier dei Leoni.

In un recente incontro di Intrapresae in una business school italiana, la voce è stata data ad un gruppo di diretti interessati che hanno raccontato le loro esperienze di ‘fabbricatori di cultura’ in quanto ciascuna azienda di Intrapresae è già sensibile ed attiva nel suo territorio a supporto della cultura in modi e tempi diversificati a seconda della loro storia e delle proprie inclinazioni.

La BSI, banca svizzera da sempre a fianco della branch italiana del museo americano, afferma che ad accomunare loro e Guggheneim è ‘la passione per l’arte moderna e contemporanea ed ovviamente la passione per il sostegno alla cultura – che dovrebbe essere in ogni DNA delle aziende, non solo nella nostra. Senza cultura non c’è società, senza società non c’è impresa e questo deve diventare un circolo virtuoso, non vizioso’ (Gabriele Corti).


La Ermenegildo Zegna (che, tra l’altro, ha un suo programma site specifi di arte contemporanea, All’Aperto, dove sorge la fabbrica e la Fondazione Zegna per l’Arte) afferma che due, in particolare,  sono stati i fatti a legare le due aziende. La data di nascita di Peggy (1896) e quella del nonno fondatore, Ermenegildo (1892). Ed che entrambi erano degli artisti, Ermenegildo in particolare ha plasmato un territorio, ha creato un paese che prima non c’era attorno al lanificio.
La creatività, la passione e l’innovazione fecero da comune denominatore nello stesso periodo in due luoghi opposti del pianeta e quando Ermenegildo prendeva il Rex per andare per la prima volta a tentare di vendere la lana in America, Peggy nello stesso periodo prendeva il suo piroscafo per viaggiare per la prima volta in Europa a promuovere i suoi artisti.

Come Peggy si circondava di artisti, del pari faceva Zegna senior: Otto Maraini fu invitato ad abbellire il lanificio, Ettore Oliviero Pistoletto a disegnare una serie pittorica sulla storia della lana. Fino ai 500.000 abeti sulla Panoramica Zegna, piantumati per migliorare il circondario.

E fino a Visible, un progetto nato insieme a Michelangelo Pistoletto dove l’arte lascia il suo campo e diventa qualcosa d’altro operando al di fuori dei suo tradizionali confini.

Visible sarà al Queens Museum il 4 e 5 novembre 2017 all’insegna di un motto coniato da Charles Esche, presidente di giuria nel 2013: ‘common good than the good from themselves’

Enrico Loccioni, fondatore dell’omonimo Gruppo industriale, inizia a lavorare a 19 anni e crede che l’impresa abbia tra i suoi compiti anche quello di seminare bellezza sul territorio, non solo perché fa bene ma anche perché lo rende più attrattivo e quindi in grado di ancorare i cervelli giusti che servono al progresso dell’azienda.

‘Un’impresa non può alloggiare in un territorio, deve viverci. E in Italia abbiamo modelli molto precisi, ce li hanno insegnati gente come gli Olivetti: uomo-natura (territorio)-tecnologia, a me piace parlare di mezzadria applicata al pubblico quando metto in sicurezza il lungofiume della mia città. E di investimento a lunghissimo periodo quando mi impegno, moltissimo, con le scuole dove formiamo insegnanti per far crescere al meglio i nostri collaboratori di domani. Soprattutto, mi impegno a lasciare il mio territorio meglio di come lo abbia trovato’.

 

Giovanna Forlanelli, della Fondazione Luigi Rovati, annuncia l’apertura di un museo etrusco a Milano a fine 2018, in uno stabile di Corso Venezia 52 il cui giardino di oltre 1000 metri sarà aperto al pubblico in forma gratuita (il progetto innovativo di restauro è soprattutto ipogeo ed è firmato Mario Cucinella: il resto della maestosa proprietà traspirerà la sua originale essenza).

L’azienda di famiglia (Rottapharm Biotech Srl), una holding, ha optato per la fondazione di una società for profit e una for benefit. Questa scelta, adottata poco in Italia, permette un investimento di lungo periodo e fa sì che lo spin off culturale sia sempre parte istitutiva dell’azienda stessa, attraverso un comitato for benefit che ne cura l’attuazione.