Abitare il Mondo, aspettando la Biennale Danza 2014

Sieni, curatore, insignito dal Ministro Filippetti Chevalier de l'Ordre des Arts et des Lettres

sezione: blog

02-07-2013
categorie: teatro, performance,

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Abitare il Mondo, aspettando la Biennale Danza 2014

Sieni, curatore, insignito dal Ministro Filippetti Chevalier de l'Ordre des Arts et des Lettres

Per la prima volta a Venezia, al pubblico della danza e a chi non l’ha mai praticata, si è appena svolta Biennale College Danza, circa ventisei creazioni compiute messe in scena da cento danzatori dal 28 al 30 giugno, organizzate in due percorsi (A e B) e per la maggior parte gratuite, in spazi deputati ed anche in luoghi pubblici (campi e strade).

Abitare il Mondo, Trasmissione e Pratiche trasuda, trascrive, mette in scena un lavoro lungo di prove, apprendimenti ed incontri durati mesi (e non aperti al pubblico) in cui si sono messe a punto sette azioni, sette direttrici entro cui si sono mossi danzatori in laboratori dedicati (giovanissimi, donne, non professionisti e professionisti), coreografi (lo stesso Virgilio Sieni ed altri) per far dialogare saperi e luoghi (dalle ricamatrici veneziane alle donne del quartiere dell’Ilva di Taranto), tecniche performative, a volte estreme. E ovviamente essere in grado di presentare anteprime assolute, come nel caso del capitolo “Invenzioni” dove tre giovani coreografi (Michele di Stefano; Alessandro Sciarroni; Arkadi Zaides) hanno dato vita ad altrettante nuove piecès che vedono all’opera giovani danzatori al lavoro sul topos veneziano.


Quel che College Danza esprime non è solo un dialogo tra esperti ed addetti ai lavori, ma l’apertura ad un pubblico di giovani tersicorei (professionisti e non) che hanno potuto studiare con maestri affermati (Renate Graziadei, David Hernandez, Iris Erez, Thomas Lebrun e Beniamin Boar) ed incontrare altrettanti professionisti della performance applicata o descritta, tra cui Antonella Anedda, Corrado Bologna, Franco Farinelli, Alessandro Leogrande ed Enrico Pitozzi.


Incuriosiscono in particolare due delle sette pratiche viste nei tre giorni veneziani: Agorà e Trasmissione. In Agorà i coreografi Thomas Lebrun (F) Frank Micheletti (F) e Virgilio Sieni (I) hanno lavorato con giovani danzatori per sviluppare una serie di esperienze sul senso della tattilità, della trasmissione e della relazione con i luoghi all’aperto. L’Agorà di Lebrun comprende musica vocale con la presenza del baritono Benjamin Alunni; quella di Micheletti progetta una mobilità tra campo e cortili con un lavoro anche sul suono circostante, mentre invece la doppia Agorà di Sieni sviluppa da una parte una complessa composizione su tre generazioni di interpreti: bambini, danzatori e anziani, con musica dal vivo di Daniele Roccato; dall’altra, un percorso rivolto a coppie di madri e figli, con musica dal vivo di Naomi Berrill.


In Trasmissione, sette giovani coreografi e interpreti, Simone Basani, Helen Cerina, Gaia Germanà, Ariadne Mikou, Elisa Mucchi, Lara Russo e Francesca Beatrice Vista, hanno lavorato con Virgilio Sieni nelle sue due Agorà, in un percorso compositivo e coreografico di studio e di ricerca sul senso con cui si consegnano i gesti tra le generazioni, o sulla modalità con cui una relazione si converte in trasmissione.

 

Una nota lieve su Visitazione Venezia; Vita Nova_Toscana; Prima Danza e Invenzioni

 

Visitazione Venezia è uno dei casi in cui, per una volta, la danza dà, concede e non prende (alla vita, ai corpi di chi la esegue) per renderla indimenticabile. Come ogni spettacolo de la Biennale College Danza, anche in Visitazione Venezia (di Ambra Senatore) la luce, il fuori, le aperture (da quelle architettoniche come finestre, campi, slarghi a quelle metaforiche come le partiture del corpo e della voce), il bianco e l’informale sono le parole chiave. Abili a tirare fuori la danza da parti del lavoro e della vita con semplici e minute coreografie.

“Abbiamo provato questo lavoro con un gruppo di anziane merlettaie veneziane per sole 25 ore e l’intento era raccontare cosa fanno per tenere viva una tradizione artigiana che dopo di loro non ha erede alcuno e che richiede tantissimo tempo, anche qualche mese, per produrre pochi centimetri ricamati, con paghe che non permettono di viverci dato che in media si guadagna circa 2 euro l’ora”.

Nella straordinaria sala superiore del Teatro La Fenice (le Sale Apollinee), inondata di luce, con le finestre aperte sulla piazza maggiore veneziana (e sul mondo), un gruppo di anziane merlettaie accoglie il pubblico seduto imbracciando i telai, distaccandosene per brevi momenti di danza o di silenzio o di still life.


Nella Sala Loggione dello stesso teatro, Sieni presenta un lavoro frutto di un laboratorio con giovanissime danzatrici dai dieci ai quindici anni, in collaborazione con la scuola veneziana di Balletto Edda Marcialis. Diviso in due parti, la prima In Ascolto è un duo e la seconda Baudelaire è un quartetto (alle prime due danzatrici, Noemi Biancotti e Linda Pierucci, si sono aggiunte anche Virginia Cervelli Montel e Bettina Bernardi), in entrambe è densa la partitura musicale. Più statica e classica la prima, più movimentata e ritmata la seconda.
Mani e piedi sereni e sicuri si specchiano l’un l’altro in movimenti sincronici e duali in In Ascolto, accolti e completati dalla profonda differenza fisica e caratteriale delle due giovanissime non professioniste che Sieni ha coreografato.
Il ritmo scarno e pressante de Baudelaire (il nome del filosofo è spesso scandito dalle ballerine durante i passi) detta figure meno classiche e scopre quindi la duttilità precoce delle due interpreti che avevano anche ballato la prima parte; più che immagini boschive (come suggeriva il testo di sala), questa partitura suggerisce immagini calde e toni arancio profondo di bush africani. Dai movimenti specchiati costruiti in una sorta di linea della parità nella prima coreografia, le danzatrici qui si cimentano in assi contrapposti su cui convergono e da cui si sciolgono. Quasi un’ode all’architettura Bauhaus, considerando che Sieni, in tutto questo prologo dedicato alla formazione che anticipa la Biennale Danza vera e propria che si svolgerà nel 2014, ha decisamente lavorato su temi spaziali e urbanistici forte dei suoi studi di architettura.


Bello e struggente Prima Danza (due solo show, il primo della coreografa Sara Dal Corso ed il secondo di Caterina Basso, entrambe anche interpreti). Il primo, Ternura do nunca succedido (da un titolo di Pessoa), forse incarna in maniera perfetta il brief di Sieni per questa Biennale. Un fuori/dentro, tutto giocato spostandosi spesso negli ampi volumi interni della Sala delle Colonne nell’headquarter della Biennale (Ca’ Giustinian) racconta, con il pubblico itinerante appresso alla protagonista, un rapporto dialettico, mai didascalico, tra volume e levità, tra buio e luce, che viene raccontato da movimenti ampi e romantici ed una scenografia esiziale quanto viva: due specchietti che catturano i raggi di luce da una finestra aperta; alcuni palloncini neri, che recano un piombo all’estremità e grazie ad esso vengono quasi a sorgere dal pavimento. Altra piccola magia di questo brano di danza è l’uso scenotecnico ed anche sintattico di una finestra nella prima scena e di una porta nell’ultima: la danza inizia di fronte a una finestra aperta (spalle al pubblico), gli specchi in ciascuna mano della tersicorea catturano pezzi di luce ma è inevitabile che salga da sotto anche il rumore vivo della città, dove ad un tratto un carrello e delle voci di trasportatori contagiano l’atmosfera con un bel ritmo che la danzatrice sembra seguire. La città, infine, entra anche nell’ultima scena come orizzonte, infatti la danzatrice esce da una porta che spalanca vigorosamente: in fondo una grande finestra aperta inquadra la Dogana, il luogo più veneziano che nel mondo si conosca.


Dopo una pièce come questa, se possibile, risalta ancora di più la bellezza della successiva. Senza scenografia alcuna, se si eccettua un salvadanaio a forma di cane fatto di porcellana ed una moneta, la Basso (dotatissima danzatrice, la migliore vista sui palcoscenici quest’edizione) racconta di sé stessa come un ingranaggio, come una moneta: i contatti con il suo corpo perfetto ed il ritmo si fanno così frequenti da trasmettersi ed influenzarsi a vicenda. Come ingranaggi che si attivano. Sofisticata, la Basso si reifica e poi ritorna umana. Senza alcuna indulgenza verso dettami romantici o aiuti scenici. Usando solo la sua potenza e la sua grande dote interpretativa. L’ultimo atto è recuperare una moneta (che ha usato per fare suono) e inserirla nel salvadanaio a forma di cane.

 

Delude Invenzioni e Inversions of response (di Arkadi Zaides), che sono stati da ultimo unificati per volere dell’artista in una sola pièce, quasi un tutt’uno indistinguibile (sicuramente la cui qualità era la più bassa di tutto il percorso A che ho goduto in circa otto ore filate di danza in giro tra San Marco e Santo Stefano). Laboratorio con una decina di giovani professionisti, la pièce si è svolta nelle bellissima Sala Prove del Conservatorio, impregnata dal brusio tipico della musica per caso, quella low fi, che cresce piano con le voci stesse dei ballerini che prendono, ad un tratto, vorticosamente a parlare. Prima uno, poi vieppiù gli altri, si staccano dal pubblico dove siedono per attivarsi e ripetere alcuni movimenti monotoni che li portavano a danzare contro o con le cose (termosifoni, spigoli, un pianoforte, pareti e tra di loro), raggiungendo con le loro voci lo stesso livello di brusio di folla. Certo, ancora una volta rimandano al senso di città, grazie anche alle grandi finestre aperte durante l’azione, ma non funzionano e non colpiscono, non si fanno comprendere.

 

Sicuramente, c’è da dire, nessuna di queste pièces funzionerebbe in uno spazio teatrale classico o in un white cube per performance. E questo è assolutamente magnifico. Sieni è stato insignito del più prestigioso titolo alla cultura per il governo francese, Chevalier de l’Ordre des Arts et des Lettres.