Chicchi, foglie e solidarietà dal caffè e dal tabacco

La responsabilità sociale va a braccetto con la cultura

sezione: blog


categorie: Non profit,

» archivio blog

Chicchi, foglie e solidarietà dal caffè e dal tabacco

La responsabilità sociale va a braccetto con la cultura

 

Chi l’ha detto che il profitto si fa utile sociale solo attraverso donazioni e/o attività di charity fine a se stesse? Oggi le aziende scelgono (spesso) di finanziare progetti culturali (e sociali) che in qualche modo restituiscano, sotto forma di engagement a lungo termine, ‘qualcosa’ ai territori dove esse sono presenti – dagli stabilimenti produttivi a quelli estrattivi o semplicemente come mercato di acquisto delle materie prime.

Quel ‘qualcosa’, se ben progettato, aderisce sia al DNA dell’azienda sia ai bisogni del territorio, cementando lì rispetto, ammirazione. E, perché no, altrove la riconoscibilità del marchio (se, come fanno tutti, ne parlano in ogni occasione possibile facendolo diventare una forma di marketing).

 

Uno degli antesignani di questa policy di ‘pura’ responsabilità sociale è rappresentato da un marchio di sigari ‘high end’, i cui negozi si concentrano nelle avenue del mondo che conta ma che producono ai Caraibi. Ed ecco che l’azienda fonda Davidoff Art Initiative, fondazione attiva sia per il supporto dell’arte contemporanea del paese, sia per far dialogare i suoi esponenti con il resto del mondo attraverso quattro modelli d’intervento: residenze, dialoghi, borse di studio, pubblicazioni e produzioni di lavori (alla Biennale di Venezia firmata Enwezor sono stati molto presenti, insieme alla Ford Foundation).

La fondazione ha già annunciato gli artisti caraibici che supporterà nella prima parte del 2017 con residenze e, quindi, le istituzioni partner. Patricia Castillo (Santo Domingo) sarà in residenza alla Künstlerhaus Bethanien (Berlino); Jorge González (San Juan, Puerto Rico) sarà il secondo resident artist a partecipare a FLORA ars+natura in Bogota, Colombia; Jesús "Bubu" Negrón (San Juan, Puerto Rico) sarà alla Red Gate Gallery (Pechino, China).


In scala minore, ma in copia filigrana del modello della multinazionale svizzero-caraibica, una piccola marca di caffè gourmet di Belluno (Bristot) che macina e arrostisce numeri interessanti di miscele di alta qualità restituisce ‘visione e cultura’ nei territori dove si approvvigiona di caffè (ma dove, tengono a precisare, non vende le sue miscele).

La Procaffè, in cui 'vive' il marchio di punta Bristot, è parte di un gruppo alimentare tedesco che ha rilevato tutti i caffè nati da conduzioni familiari del Triveneto, Vescovi incluso: WEDL & Hofmann GmbH.

Recentemente Bristot ha finanziato un progetto fatto di mostre, una pubblicazione ed eventi letterari in Colombia, mischiando autori noti e non. E da quest’anno, sempre affidandosi allo stesso curatore (Marco Milan) celebrano una speciale miscela di caffè etiope (rigorosamente raccolto a mano) con una mostra fotografica in loco, in occasione della quarta edizione dell’Addis Foto Fest (appena conclusosi). Più uno slide show digitale a Venezia (fino all’8 gennaio, Scoletta del Battiloro, San Stae) dove mostrano con la collaborazione dall’iniziatrice del festival etiope (Aida Muluneh) il lavoro di 5 fotografe (ciascuna con 6 scatti) sul tema della distanza.

 

Pensando al caffè ovviamente il binomio anzi il trinomio arte-sostenibilità-responsabilità va ad Illy che da diversi decenni collabora allo sviluppo delle arti (contemporanea, soprattutto) sia sostenendo direttamente festival e musei (anche la Biennale di Venezia, anche se più in passato) sia creando edizioni d’artista che usando l’arte come costante leva di formazione aziendale (e sostenendo anche la letteratura, con Illywords). Sul versante ‘corporare responsibility’, Illy ha creato una piattaforma ‘In the growners’ own words’ dove lascia spazio ai piantatori, senza filtri. Non è solo news e awareness, questa sezione è il cuore ed il polmone di premi e concorsi diretti ad essi che spostano il baricentro proprio sui produttori e sul territorio, che in fondo è il vero ‘tesoro’ di aziende che si affidano a coltivazioni e piantagioni per fare un prodotto d’eccellenza.

 

Illy ha anche inventato un progetto fotografico su larga scala che ancora una volta lavora sui territori delle materie prime (con Sebastiao Salgado). Gli ha fatto eco, poco dopo, Lavazza con Steve McCurry ma la grana e la raffinatezza del primo (oltre che la completezza nel rapporto con i territori) non ha rivali.

Nespresso sta massicciamente investendo in advertising per raggiungere di nuovo la grande fetta di mercato di consumatori che, complice la crisi economica, abbandona le sue cialde in favore di altre più economiche (tutti i coffee roaster sono in questo super redditizio mercato sia nella versione home che in quella horeca).

Vedremo quanto funzionerà, la notizia è che ha lanciato un programma (The Positive Cup) che mira a raggiungere il 100% di approvvigionamento di caffè ‘sostenibile’ entro il 2020.

 

Il caffè è una delle attività di produzione alimentare più dispendiose al mondo, come del resto il tabacco (ed il loro consumo si accompagna cospicuamente). Le piantagioni consumano molto territorio e molta acqua (per il caffè soprattutto nella fase di estrazione e raffinazione dei chicchi). I sistemi di raccolta più sostenibili (a mano) sono applicati solo alle fasce molto alte di qualità che si usano ‘in purezza’ senza miscelarle ad altre (meno dell’1% di produzione).

Nespresso mira a certificare i suoi coltivatori ed, inoltre, mira a riciclare le capsule (attualmente affermano di essere al 36%).